Volontà di Dio, vocazione e famiglia: tre riflessioni sui Focolari
MARCELLO DE STEFANO
Il libro La setta divina — insieme a fatti di cronaca emersi sulla stampa internazionale — ha evidenziato problematiche sorte all’interno del Movimento dei focolari, con particolare riferimento a episodi denunciati di abusi sessuali, di abuso di potere, di problematiche psichiche. Essendo stato interno dell’Opera dal 1970 al 1994 ritengo di offrire le mie riflessioni come contributo al dibattito in corso.
Premetto che, essendo estraneo al Movimento da quasi trent’anni anni, non sono in grado di valutare se le mie riflessioni riguardano solo il passato o possono invece essere utile anche per il presente che non conosco. Ma in ogni caso mi sembra opportuno e anzi doveroso contribuire al dibattito non tanto per rivendicare il passato ma con una finalità costruttiva per il presente e il futuro del Movimento che in ogni caso ha segnato anche la mia vita.
Una riflessione più profonda
È noto che il Movimento ha da tempo iniziato una riflessione istituendo una Commissione ad hoc. A mio parere però non è sufficiente. Nel senso che questa riflessione nasce da spinte giunte dall’esterno e riguarda solo errori e abusi che possiamo considerare la parte visibile di una realtà che, a mio parere, andrebbe analizzata più profondamente ovvero fin nelle sue radici.
Mi spiego. Prendo l’esempio della Chiesa che, col Concilio, lasciando intatta la verità evangelica, non ha esitato a interrogarsi su aspetti dottrinali e pastorali, magari anche secolari, avendo il coraggio di suscitare cambiamenti radicali e generare anche nuove frontiere della teologia.
Allo stesso modo, se posso permettermi, non è in discussione la Spiritualità dell’Opera che personalmente mi ha spalancato una conoscenza e una comprensione del Vangelo davvero straordinaria e impagabile. Quello che invece si può e anzi si dovrebbe prendere in considerazione anche con il dovuto coraggio sono modalità culturali e pastorali, se non anche teologiche, generatesi nel Movimento.
Mi soffermo su tre aspetti dottrinali e pastorali e sulla interpretazione che il Movimento ne ha dato:
1) l’adesione alla volontà di Dio
2) la vocazione
3) il distacco dalla famiglia
1. Abusi o normale uso di potere?
Il primo aspetto – ovvero l’adesione alla volontà di Dio espressa dai superiori — chiama in causa gli abusi di potere. La domanda è: si è trattato di abusi che riguardano alcuni membri del Movimento che magari hanno male interpretato il carisma oppure certi comportamenti devianti appartengono al Dna dell’Opera?
La domanda non è di poco conto. In tal caso non dovremmo parlare di abuso di potere ma di un normale uso del potere legittimato dalla prassi ma anche dalla cultura generatasi nel Movimento fin nel suo nascere fino ad arrivare capillarmente ai suoi membri e che ha origine, a mio parere, su come è stata considerata e quindi vissuta nella prassi l’adesione alla volontà di Dio “espressa dai superiori” come applicazione della frase di Gesù: “Chi ascolta voi ascolta me”.
Nella mia esperienza per “superiori” non si intende solo i responsabili di persone consacrate ma anche i responsabili dei gruppi giovanili e di qualsiasi altra struttura dell’Opera.
Ebbene, fin da quando ho conosciuto il Movimento ero rimasto molto perplesso per il fatto che qualcuno mi dovesse indicare che cosa Dio volesse da me. Ma questa impostazione mi ha accompagnato per tutto il tempo della mia esperienza Gen e Focolarina.
Accusato di essere troppo razionale e di dovere “fare un passo” per potere comprendere l’unità, ho ceduto a questa impostazione. Ma torno a chiedermi: come si fa ad attribuire a qualcuno il ruolo di interprete della volontà di Dio sugli altri? Non è questa la porta attraverso la quale si diventa padroni della vita di altre persone come di fatto è successo nei miei confronti?
Il fatto è che non si trattava di un fatto sporadico qualificabile come “cattiva interpretazione” da parte di qualcuno che in tal modo ha “abusato”. Era invece proprio l’esatta interpretazione del pensiero che dalla fonte stessa del carisma si andava diffondendo in forma piramidale nelle strutture dell’Opera.
Come si fa a dare ad alcune persone un ruolo di interprete della volontà di Dio su altre persone? Se così è, allora gli “abusi” di potere hanno trovato terreno fertile in una ideologia e una cultura di fondo sottesa alla struttura stessa del Movimento.
Ecco perché ritengo che la riflessione dovrebbe andare più in profondità.
2. Arbitrarie interpretazioni del Vangelo
Oltre questo primo aspetto ne sottolineo altri due che hanno anche segnato la mia vita e che ritengo siano arbitrarie interpretazioni di alcuni aspetti del Vangelo per cui, in nome di una “radicalità” e “totalità” della scelta di Dio si chiedevano alle persone cose che con il Vangelo e con la volontà di Dio hanno forse poco o niente a che fare. Non mi riferisco a cattive interpretazioni di pochi ma a come venivamo indottrinati nei Congressi e nei momenti formativi a tutti i livelli in modo esplicito o implicito.
Parlo della “vocazione” a seguire Gesù e quindi a essere cristiani veri, totalitari, rivoluzionari.
L’espressione di Gesù “se vuoi essere perfetto vendi quello che hai dallo ai poveri e poi vieni e seguimi” era il cavallo di battaglia per ritenere la consacrazione a Dio nella strada del Focolare — sull’esempio di Chiara Lubich – la naturale conseguenza di una scelta radicale e totalitaria di Dio. Con conseguenti sensi di colpa di chi, scegliendo un’altra strada, era portato a colpevolizzarsi per avere fatto resistenza a una chiamata di Dio.
3. Chi non odia il padre e la madre…
Il terzo aspetto che prendo in considerazione, e che ha anche segnato la mia esperienza di vita nel Movimento, riguarda il rapporto con la famiglia d’origine. Anche qui erano parole del Vangelo a ispirare la ‘formazione’ ricevuta nel Movimento in modo corale e continuativo, quindi non occasionale o sporadico.
Le parole di Gesù “chi non odia il padre e la madre…”, o ancora “fuoco sono venuto a portare sulla terra: d’ora in poi ci sanno padre contro figlio…” e altre frasi ancora (oltre che l’esempio di san Francesco e della stessa Chiara Lubich) erano altro cavallo di battaglia per significare che seguire Dio comportava l’abbandono totale dei propri genitori. Così che una volta da uno dei primi focolarini mi sono sentito dire: “Devi comprendere che per i tuoi genitori è come se tu fossi morto”.
Infallibile?
Mi fermo a questi tre aspetti che mi sembrano i più significativi di una “visione del Vangelo e della vita cristiana” generatasi nel Movimento. C’è da chiedersi se questa “visione” e interpretazione del Vangelo sia del tutto ortodossa. Una domanda che investe direttamente la fondatrice Chiara Lubich.
E qui sorge un’altra domanda: è indubbio che Chiara sia stata “strumento dello Spirito Santo” come è indubbio a mio parere la sua santità. Ma questo autorizza a conferirle un’aura di infallibilità? Mai nella storia della chiesa qualcuno è stato considerato infallibile anche se santo.
Quello che a mio parere va approfondito è la risposta a questa domanda: fermo restando il valore del carisma e la grandezza dell’Ideale, la sua traduzione in termini pastorali e culturali è sempre stata corretta? Ovvero, nel passaggio dall’Ideale alla “realtà” della struttura operativa dell’Opera, siamo certi tutto sia andato alla perfezione? Possiamo considerare Chiara “infallibile” in questo passaggio ovvero nella costruzione concreta dell’Opera coi suoi metodi formativi e la sua modalità pastorale? Possiamo considerare “infallibile” la sua interpretazione del Vangelo?
Nella mia esperienza posso dire che qualunque critica o perplessità venisse manifestata nei confronti di Chiara o dell’Opera veniva bollata col fatto che “quello non capiva”: non capiva il carisma, non capiva l’Opera, ecc… In questo modo l’Opera era al riparo di qualunque si permettesse di rilevare qualche stortura. E se invece quelle critiche avevano il loro fondamento?
Errori educativi
Se infatti poniamo attenzione a come nel Movimento erano trattate varie tematiche possiamo parlare di errori educativi che generavano sensi di colpa, disadattamento sociale, svilimento della propria personalità, mortificazione dei talenti…
Forse allora le tante defezioni succedutesi negli anni non sono dovute a “uomo vecchio” o a mancanza della scelta di Dio ma si spiegano col rifiuto conscio o inconscio di una struttura risultante soffocante, mortificante, inadeguata a rispondere allo sviluppo della personalità di ognuno.
Conclusione
Sulla base di quanto esposto, ritengo che la riflessione su abusi ed errori del passato dovrebbe spostarsi su piani diversi per andare a individuare se queste situazioni di errori e di abusi non siano altro che la spia di una problematica più profonda che investe sia la teologia che la pastorale del Movimento.
E anche per riconoscere che quanti esprimevano le loro perplessità su questa “novità carismatica” emersa nella Chiesa avevano magari anche le loro ragioni e la loro parte di verità.
Si tratta di un lavoro lungo e profondo che mi auguro possa avvenire perché si possa “salvare il bambino” buttando “l’acqua sporca”.
Fonte: Marcello De Stefano, post su Facebook, 4.9.2022 h. 11:30.
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