Testimonianze

La sofferenza di un’adolescente brasiliana a Loppiano

CINTIA COSTA

Nel 1992 avevo diciotto anni e sono andata a vivere per sei mesi in una comunità per giovani del Movimento dei Focolari a Loppiano, in Italia. Pensavo che sarebbe stata un’esperienza religiosa che mi avrebbe aiutato a diventare una persona migliore e a crescere dal punto di vista spirituale. Mi è stato detto che sarebbe stato indimenticabile e mi avrebbe cambiato la mia vita in meglio. Ci credevo pienamente - sebbene avessi già sentito le esperienze di altre ragazze che, avendo trascorso del tempo lì, avevano incontrato molte difficoltà ed erano arrivate a lasciare il Movimento al loro rientro in Brasile; di loro si diceva che fossero persone “deboli” e si sottolineava che non tutti sono adatti a diventare membri del Focolare a tutti gli effetti.

Mi sono imbarcata nel marzo 1992 insieme a una delle mie migliori amiche; eravamo molto eccitate. Prima abbiamo partecipato a un incontro a Roma, poi siamo andate a Loppiano. La mia amica si sarebbe fermata per qualche settimana, poi sarebbe tornata in Brasile. Poiché non parlavamo molto bene l’italiano, siamo rimaste assieme ogni volta che potevamo, per condividere ciò che vedevamo e commentare quello che trovavamo interessante. Fummo presto sgridate perché dovevamo fare amicizia con le altre ragazze. In verità, non capivo con esattezza per cosa ci rimproverassero perché capivo molto poco l’italiano: capivo che stavo facendo qualcosa di brutto perché il tono che usavano con noi era molto aggressivo. Quel richiamo ci spinse a vivere con paura ogni momento che ci dedicavamo l’un l’altra. Il Movimento, in pratica, scoraggiava un’amicizia troppo stretta tra di noi, spingendoci a conoscere persone nuove. Quando la mia amica è partita, io sono rimasta a Loppiano.

In questa fotografia, scattata a Loppiano durante una passeggiata, cerco - con il mio sorriso - di nascondere tutto il peso della sofferenza.

Nei primi tempi in cui mi trovavo lì, la nostra coordinatrice ha convocato un incontro di emergenza con le mie coinquiline; in quell’occasione ha sgridato con severità - umiliandola e screditandola con violenza - la ragazza che svolgeva le veci di rappresentante del gruppo; in quell’occasione non capii che cosa avesse fatto per meritarsi quel richiamo. Di lì in avanti fu soprannominata il “cancro” della casa. In tutta sincerità, quel comportamento da parte della coordinatrice mi scosse moltissimo, provocandomi grande turbamento. In particolare, non eravamo autorizzate a chiedere né a dire nulla a tal proposito. Mi sono trovata a piangere per la situazione che si era creata, né fui la sola a reagire così. E questa è stata solo una delle vessazioni a cui ho assistito e per le quali ho sofferto a Loppiano.

Ancora oggi non capisco come si potesse insegnare a “vedere Gesù” in tutte le persone e trattare tutti nel miglior modo possibile, amare il prossimo, fare gesti d’amore, “essere santi” quando in realtà assistevo quotidianamente a umiliazioni, minacce, abusi psicologici e atti di bullismo. Era come se ci fossero due Movimenti: uno per le persone che non conoscevano a fondo il Movimento ed erano felici di tutto (come lo ero io quando lo avevo incontrato a dodici anni) e un altro per le persone interne.

Ho ascoltato i discorsi della fondatrice del Movimento per ore e ore e tenuto sue foto ovunque: solo lei sapeva cosa era meglio per noi; solo lei aveva il “messaggio” giusto per la vita di ciascuna di noi. Ho imparato poco sulla Bibbia, andare a Messa ogni giorno era un dovere molto meno importante dell’ascolto di Chiara Lubich. Una volta la coordinatrice mi sgridò per aver letto un libretto che conteneva i discorsi della fondatrice, trovato nella casa in cui abitavo: mi ha detto che avrei dovuto leggerlo solo in presenza di altri superiori. Non capii affatto che cosa non andasse nel mio comportamento: tutto ciò che riguardava la Lubich sembrava così importante...

Una volta ci portarono nel giardino della casa in cui abitava e ci chiesero di cantare, nella speranza che si affacciasse per salutarci. Io mi sentivo ridicola, in quella attitudine un po’ idolatrica; Chiara non si faceva vedere e ci dissero di accettare la frustrazione “abbracciando Gesù abbandonato”. Mi parve davvero fuori luogo dare tutta quella importanza a una persona.

Mi costrinsero a lasciare il mio fidanzato Eduardo scrivendogli una lettera e dopo sei mesi di sofferenza lasciai anche l’Italia, tornando in Brasile distrutta dal punto di vista emotivo. Sono quindi tornata insieme a Eduardo, riprendendo gli studi per sostenere l’esame di ammissione alle scuole superiori. Dopo alcuni mesi mi sono accorta che non ce l’avrei più fatta a restare nel Movimento: ho dunque deciso di lasciarlo, convinta che a causa di quell’allontanamento sarei bruciata all’inferno dopo la mia morte. La mia autostima era stata annientata: mi era stato detto che ero una persona debole per non essere in grado di continuare a frequentare il Movimento, unica via verso la felicità più autentica.

Oggi, a trent’anni di distanza, provo ancora tristezza per le sofferenze di cui ho dovuto farmi carico inutilmente durante il periodo adolescenziale trascorso nel Movimento. A sollevarmi è il costante impegno, coadiuvato da una solida psicoterapia, a cercare modi per rielaborare questa parte della mia vita. Oltre alla terapia, sono felice di poter contare su un gruppo di amici e amiche, anche loro ex membri del movimento: nell’ambito dell’Organizzazione Ex Focolari (Oref) parliamo, ci sosteniamo a vicenda e condividiamo le nostre esperienze senza giudizio.

È bello essere accolte e ascoltate con empatia. ❤

Fonte: Cintia Costa, post su Facebook, 6.8.2022 h. 19:57, traduzione dal portoghese a cura di Oref.

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