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Ci vuole un villaggio per crescere un bambino

News pubblicata il 2 novembre 2022 • Testo di Barbara Pelletti

Incredibilmente, i protagonisti delle testimonianze pubblicate in questo numero di Left sono bambini. S.F. ha vissuto la drammatica esperienza di nascere in una famiglia devastata dal Movimento dei Focolari, una famiglia in cui due dei tre figli venivano picchiati sistematicamente, senza lasciare segni perché non potessero far le vittime, e programmaticamente, perché era «la volontà di Dio». Anche il terzo fratello, che non veniva picchiato, è comunque una vittima di quella che nel linguaggio politicamente corretto si definisce violenza assistita.

Ma S.F. è chiarissima, perfino la violenza fisica può non lasciare segni sul corpo: li lascia nella mente, e tali da dover combattere tutta la vita per impedire che il passato si tramandi spegnendo la gioia di vivere dei figli dei figli. Perché questo è lo scopo di chi violenta i bambini e i ragazzi, impedire che sviluppino la propria identità e crescano liberi. Anche Rosh K. e Cintia Costa erano bambini, rispettivamente di 7 e 12 anni, quando hanno conosciuto il Movimento, e ne sono diventati attivisti con l’adolescenza, l’età in cui la ricerca dell’identità spinge a seguire degli ideali, così duramente traditi per loro, che oggi lottano perché venga riconosciuta la violenza che voleva ridurli alla cieca obbedienza. È impressionante come la denuncia di tutti i fuoriusciti dalla Setta divina (per usare la sintetica e veritiera definizione che dà il titolo a un libro inchiesta di Ferruccio Pinotti uscito nel 2021 per Piemme), che pure hanno subito e sono stati testimoni di ogni forma di violenza, punti con precisione a individuare quella che ne è al tempo stesso la matrice e lo scopo ultimo: l’annullamento dell’identità personale, necessario per realizzare l’Unità». Unità nella quale un’anima sola deve vivere: la mia, e cioè quella di Gesù fra noi che è in me», predica la Lettera del ’50, integrazione al Paradiso del ’49, lo scritto di Chiara (al secolo Silvia) Lubich fondante la teologia, o meglio la mistica, del Movimento dei Focolari, a lungo secretato e rivelato solo ai fedelissimi. Il Paradiso del ’49 contiene da un lato le visioni che Lubich avrebbe avuto in quell’anno, descritte in una forma che decisamente le qualifica come allucinazioni, dall’altro l’enunciazione della sua "mistica del nulla", nella quale il vuoto interiore e la disperazione sono interpretati come unione al Cristo dell’Agonia, GA, come nello stile new age dei Focolari viene chiamato "Gesù abbandonato". Una mistica della sofferenza espressa in un linguaggio incomprensibile, non perché si addentra in territori lontani dall’orizzonte di chi legge, ma perché francamente dissociato e delirante. Non è un mistero la malattia mentale di Silvia Lubich, che ha trascorso lunghi anni ricoverata in lussuose cliniche psichiatriche svizzere: a spese dei focolarini che devono spogliarsi dei loro beni mentre Chiara costruisce la sua ricchezza personale e la multinazionale dell’Opera di Maria, e devono lavorare da mattina a notte fonda e finire in povertà. A meno che non si mettano in salvo in tempo per rifarsi una vita, perché quando si esce dal Movimento si è ridotti a nulla anche materialmente, giacché neanche i contributi dovuti per legge sono stati versati.

Per portarli ad accettare queste condizioni, che rasentano la schiavitù e ovviamente non sono esplicite al loro ingresso, i membri del Movimento devono essere manipolati e privati di ogni libertà (gogna per gli insubordinati, niente rapporti con l’esterno, divieto di accesso ai mezzi d’informazione, per fare solo un paio di esempi), e così spesso si ammalano, alcuni fino al suicidio. La patologia delle vittime non è la stessa del loro carnefice, sia chiaro: diversa la etiopatogenesi, diversa la diagnosi. Non è dato sapere quanti siano i casi perché la malattia, con le sue conseguenze più gravi, viene occultata, i sintomi controllati imponendo l’assunzione di psicofarmaci (niente cliniche svizzere per loro!), per impedire che se ne scoprano le cause, che stanno nell’essere vittime di grave, gravissima violenza psichica. Ma «esse [le anime ovvero le persone, ndr] sono nulla e quindi non hanno problemi», scrive Lubich in Lettera del ’50.

È inevitabile chiudere con una domanda: che cosa ha reso possibile la sopravvivenza e la crescita di una realtà come il Movimento dei Focolari, fondata su un pensiero delirante e violento? Non di certo il solo "Carisma" di Silvia Lubich, e nemmeno soltanto la schiera di illustri e influenti personaggi e associazioni, tra cui la Chiesa stessa, che l’hanno circondata e protetta, consegnandole premi e riconoscimenti in vita e proponendone la beatificazione da morta.

L’annullamento dell’identità umana propria e altrui non viene riconosciuto come violenza perché è insito nei fondamenti religiosi, filosofici e politici delle nostre società. C’è bisogno di un pensiero nuovo per costruire il villaggio che cresca bambini liberi del bel detto africano ricordato da S.F.1

Fonte: Left, n. 31, novembre 2022, pp. 78-9.

1. L’autrice Barbara Pelletti è psichiatra, psicoterapeuta e presidente di Cassandra, associazione che fornisce supporto alle persone vittime di violenza, isolamento, stalking e discriminazione.

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