Notizie

Focolarini: la fabbrica del plagio

News pubblicata il 1 novembre 2022 • Testo di Federico Tulli

In pochi, probabilmente, ricordano la vicenda di Aldo Braibanti. Scrittore, filosofo, artista poliedrico e studioso della vita delle formiche, Braibanti fu arrestato il 5 dicembre del 1967 con l’accusa di aver plagiato due giovani allievi, Giovanni Sanfratello e Piercarlo Toscano, convincendoli ad abbandonare le loro famiglie e ad andare a vivere con lui, sottomettendosi completamente alla sua volontà. Nel 1971 lo studioso venne condannato in via definitiva a 4 anni e nel 1981 il suo avvocato cercò di ottenere la revisione del processo. In quell’anno infatti il reato di plagio è stato dichiarato incostituzionale per «indeterminatezza». Secondo i giudici della Consulta il fatto che la prova della sussistenza del «dominio psichico» richiedesse una indagine psicologica prestava il fianco all’intollerabile rischio di arbitri dell’organo giudicante». Accadde tuttavia che la Suprema corte dicesse no ai legali di Braibanti e ad oggi costui risulta uno degli ultimi condannati, in Italia, per plagio. Secondo diversi giuristi quella pronuncia del 1981 ha fatto la "fortuna" di santoni e sette religiose abbandonando al proprio destino chi aveva la "sfortuna" di capitare nei loro radar senza più riuscire a uscirne. Ricordate, solo per dirne una, la vicenda di "mamma Ebe"? Fatto sta che solo nel 2008 ci fu un tentativo legislativo di reinserirlo nel nostro ordinamento ma senza successo, dopo di che più nulla.

Perché raccontiamo questo? Perché nelle ultime settimane abbiamo ricevuto nuove dolorose testimonianze da parte di fuoriusciti dal movimento dei Focolarini e, leggendole, il nesso con la vicenda di Braibanti ci è sembrato pressoché immediato. Ma si tratta di un nesso corretto? Per saperne di più ci siamo rivolti all’avvocato Stefania lasonna esperta in tutela dei diritti e delle libertà fondamentali.

Prima di procedere vale la pena riportare a titolo di esempio qualche passaggio degli scritti che abbiamo ricevuto nella nostra casella postale chiesaepedofilia@left.it che in pratica ci hanno imposto di riprendere fili con l’inchiesta, pubblicata su Left del 15 luglio [2022] (link), sul movimento ecclesiale di matrice cattolica fondato nel 1943 a Trento da Chiara Lubich. Ecco alcune righe del racconto che ci ha inviato dall’Olanda Rosh K.:

Chiara Lubich e il suo Movimento si sono messe sul trono di Dio per "possedere" le persone che si volevano dedicare al grande ideale dell’unità. lo facevo parte semplicemente del proletariato, dell’esercito e la voce di Dio veniva da "altri", dalla gerarchia e dai responsabili che rappresentavano la volontà di Dio, io dovevo agire senza ragionare... (leggi tutto)

Rosh aveva 7 anni quando ha «conosciuto i Focolarini» e le sue parole appaiono in netta contraddizione con il modo in cui il Movimento, diffuso in oltre 180 Paesi con oltre 2 milioni di aderenti, si presenta pubblicamente sul proprio sito internet:

Il Movimento dei Focolari ha la fisionomia di una grande e variegata famiglia... Il messaggio che vuole portare nel mondo è quello dell’unità. L’obiettivo è quindi cooperare alla costruzione di un mondo più unito... nel rispetto e valorizzazione delle diversità. E per raggiungere questo traguardo si privilegia il dialogo, nell’impegno costante di costruire ponti e rapporti di fratellanza tra singoli, popoli e ambiti culturali.

Dopo quella di Rosh abbiamo ricevuto altre due testimonianze. Viene dal Brasile quella di Cintia Costa che racconta di aver incontrato i Focolarini a 12 anni (leggi tutto), e dall’Italia quella di S.F., nata e cresciuta dentro il Movimento; scrive quest’ultima:

Sono figlia di due volontari; io e mio fratello, siamo stati tartassati da loro in modo brutale, sia fisicamente che psicologicamente; il terzo fratello è stato risparmiato, non sappiamo neanche il perché. Siamo stati sempre picchiati, da epoche che non riusciamo nemmeno a ricordare e tenuti sotto ricatti psicologici pesantissimi. "È la volontà di Dio" ci dicevano. Io, ad esempio, ero continuamente accusata di voler provocare la morte di mia madre e di mio fratello, che era la persona a me più cara, a cui mai avrei torto un capello. Non avevo nemmeno sei anni... (leggi tutto)

S.F, Rosh e Cintia, stando alle loro denunce, oltre ad aver subito abusi sin dalla tenerissima età, hanno in comune la forza di essere uscite dal movimento.

Grazie alla collaborazione con Oref, un’organizzazione internazionale di fuoriusciti dal Movimento dei Focolari, accertiamo che si tratta di testimonianze autentiche. Oref è ormai un punto di riferimento per chiunque decida di lasciare i focolarini. Un riferimento indispensabile, poiché, come ci raccontano, spesso chi "fugge" dopo aver vissuto per anni dovendo obbedienza cieca ai superiori oltre che vincolati dal divieto di esprimere riflessioni personali e di dedicarsi ad attività diverse da quelle previste negli schemi dell’Opera, non sa cosa fare per riprendersi la propria vita e nemmeno per ottenere giustizia.

Già, perché, in tanti sostengono di aver subito pressioni per donare al movimento le proprie ricchezze, di essere stati obbligati a donare lo stipendio oppure di aver scoperto una volta "fuori" di aver lavorato per il Movimento, oltre che gratuitamente, senza che nessuno versasse i contributi. Inoltre, come S.F., Rosh e Cintia, praticamente tutti parlano senza mezzi termini di continua "manipolazione delle coscienze". Parole chiare, inequivocabili, che sottoponiamo all’avvocata Stefania Iasonna. Si può parlare di "plagio"?

La fattispecie applicabile in astratto in questi casi sarebbe appunto quella del reato di plagio, norma che però la Consulta ha dichiarato incostituzionale nel 1981. Quella sentenza ha prodotto un vuoto normativo scegliendo di eliminare l’unico vero strumento di tutela per la integrità psichica presente nel nostro ordinamento, in un momento in cui iniziava a diffondersi il fenomeno delle sette, basti pensare alla strage di Jonestown in Guyana del 1978.

Pensando alle toccanti testimonianze delle tre ex focolarine, aggiunge Iasonna,

le vicende giudiziarie e le notizie di cronaca su questo genere di movimenti presenti in tutto il mondo evocano, piuttosto che l’appartenenza ad un movimento religioso, una vera e propria inclusione in una setta, il cui obiettivo è quello della distruzione e del condizionamento psichico dei suoi partecipanti arrivando a lederne i diritti individuali in aperta violazione con il dettato costituzionale che tutela il diritto di associarsi liberamente anche per motivi religiosi, purché non si commettano illeciti.

Torniamo all’eliminazione del reato di plagio. L’ultima proposta legislativa per reintrodurlo risale al 2008, ma la legge non è mai stata approvata, perché?

L’opinione prevalente è che nel nostro ordinamento vi sono norme che garantiscono sufficiente tutela. In carenza di una norma ad hoc che definisca e punisca proprio quelle condotte psicologicamente violente che portano a stravolgere la vita di un essere umano alterando la sua libertà di pensiero e di autodeterminazione, bisogna far ricorso alle norme in vigore che prevedono reati specifici.

Iasonna tiene a sottolineare che

condotte come quelle denunciate da Oref rientrerebbero nei reati di truffa, anche aggravata dalla debolezza psichica, di maltrattamenti in famiglia. come nel caso di S.F.; fattispecie più gravi nei reati di violenza privata, sequestro di persona, lesioni personali e violenza sessuale, sino alla riduzione in schiavitù e all’induzione al suicidio.

Ma il reato che la gran parte di dottrina e giurisprudenza assimilano al plagio, racconta l’avvocata,

è quello della circonvenzione di persona incapace, tesi che però avvalora il vuoto lasciato dalla Consulta in materia di tutela della personalità rispetto a dinamiche interpersonali, come ad esempio quelle descritte da Cintia Costa costretta ad "assistere quotidianamente ad umiliazioni, minacce, abusi psicologici e atti di bullismo.

Infatti, prosegue l’avvocata,

mentre il reato di plagio presupponeva un totale stato di soggezione della vittima e rientrava nei delitti contro la persona al pari della riduzione in schiavitù, la circonvenzione di incapace rientra tra i delitti contro il patrimonio, presuppone il compimento di un atto di disposizione dannoso e incontra il limite dell’accertamento della "deficienza psichica" della vittima e della consapevolezza del suo stato di vulnerabilità da parte dell’abusante. Dunque, per una piena tutela anche in termini di prevenzione, bisognerebbe introdurre, come in molti Paesi europei, una nuova norma per il reato di condizionamento psichico, che sia determinata, concretamente applicabile e che possa garantire la tutela dei diritti fondamentali anche nell’ambito delle organizzazioni religiose.

Qualunque sia l’inquadramento giuridico, secondo l’esperta, va riconosciuto che la finalità di queste condotte è la volontà di assoggettare le persone e privarle della loro autonomia di pensiero.

Tale passaggio è fondamentale anche per scardinare l’indifferenza sociale, in considerazione del fatto che i reati citati sono quasi tutti perseguibili d’ufficio e laddove la vittima rimanga inerte perché non in grado di percepire la violenza psicologica subita o volendo tutelare la sua privacy, anche soggetti terzi, che vengano a conoscenza di quei fatti, potrebbero sporgere denuncia.

L’ultima riflessione, conclude Iasonna,

va fatta sulla necessità di un approccio di interazione tra diritto e psichiatria, indispensabile affinché tutti gli operatori del diritto riescano a comprendere le caratteristiche di personalità di vittime e carnefici, in un’ottica multidisciplinare irrinunciabile per affrontare un tema così delicato ed offrire una tutela adeguata.

Fonte: Left, n. 31, novembre 2022, pp. 74-9.

precedente successivo

Il materiale è distribuito con Licenza Creative Commons BY-NC-SA 4.0