1.3 Altri reati
L’adesione spontanea ad un’esperienza religiosa porterebbe a ritenere che non vi sia nessuna responsabilità da parte dei superiori dell’organizzazione a cui gli aderenti si sottomettono volontariamente, configurandosi così l’applicazione dell’art. 50 c.p. in base al quale “non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne”.
Tuttavia, dalla narrazione delle esperienze raccolte emerge un vincolo psicologico ed emotivo, che impedisce di agire in condizione di autodeterminazione o induce ad accettare comportamenti inammissibili, ma indispensabili per restare affiliati alle comunità religiose; il più delle volte questi risultati criminali (privazione della libertà) sono indotti con ricatto affettivo, tipico nelle comunità che pretendono di sostituirsi alle famiglie di origine e al contesto di vita di ciascuno degli aderenti.
Ammesso inoltre che il consenziente sia perfettamente consapevole ed accetti liberamente il sistema di valori proposto da un gruppo religioso, solo in fase di adesione iniziale la sua volontà è forse liberamente determinata. Nel corso del tempo, tuttavia, i comportamenti dei membri del gruppo idonei ad incutere timore sul soggetto passivo, attuati con meccanismi di manipolazione mentale, generano una condizione di sicura coartazione che annulla o condiziona pesantemente il consenso iniziale.
Le direttive imposte dal carisma dei movimenti/organizzazioni religiose configurano fattispecie delittuose previste dal Codice penale.
Art. 571 c.p. - Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina
«Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi. Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli artt. 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni»
La legge ritiene responsabile del reato di abuso di mezzi di correzione e di disciplina chiunque abbia una posizione di autorità su determinati soggetti, ed ecceda nel metodo correttivo nei suoi confronti, con punizioni, castighi o minacce, causando nella vittima un rischio di danno alla salute.
Le umiliazioni e le correzioni ricevute in caso di mancato rispetto delle regole religiose o organizzative (fatte passare come pratica evangelica di correzione fraterna), la minaccia della dannazione eterna (come paventare una condizione di disastro spirituale o di infedeltà nel caso si voglia lasciare l’organizzazione religiosa), le punizioni spirituali o corporali (mortificazione del corpo con uso quotidiano di pratiche come la doccia fredda, il cilicio, la disciplina, la repressione di ogni impulso sessuale), la privazione di oggetti necessari al naturale benessere delle persone, sono emerse come pratiche ricorrenti nella vita comunitaria. L’obbligo di aprire la propria coscienza sempre e comunque con una persona imposta del movimento/organizzazione religiosa è una modalità violenta che non prevede eccezioni.
Art. 580 c.p. - Istigazione o aiuto al suicidio
«Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio».
La dimensione opprimente dovuta all’imposizione di regole non conformi al sereno sviluppo psichico e fisico, porta all’annullamento della personalità, all’impossibilità di comunicare difficoltà e problemi personali, a gravi crisi di coscienza e dissociazione dell’io e di conseguenza a crisi depressive o psicotiche che inducono al suicidio. La pratica dell’obbligo della confessione sacramentale, con cadenza settimanale, e con sacerdoti imposti dall’istituzione, crea un clima ossessivo che favorisce stati di esasperazione.
Art. 582 c.p. - Lesione personale
«Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 61, numero 11-octies, 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa».
Mortificazioni e punizioni corporali sono presenti in diverse esperienze narrate e sono applicate per indurre una maggiore sottomissione alla volontà di Dio e ai superiori. Uso di strumenti come: cilicio, disciplina, asse di legno al posto del materasso, doccia fredda quotidiana, controllo del sonno e impossibilità di svago, sono solo alcune delle pratiche dolorose imposte ai membri delle organizzazioni religiose dei movimenti ecclesiali.
Art. 609 bis c.p. -Violenza sessuale
«Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi».
Il fenomeno degli abusi sessuali su suore e religiose da parte del clero ha cominciato ad emergere in varie parti del mondo negli ultimi anni a livello di opinione pubblica. Il problema è venuto poi a conoscenza della curia romana, attraverso diverse relazioni inviate alla Santa Sede. Tali abusi sono stati riconosciuti per la prima volta da Papa Francesco nel 2019.
Dalle testimonianze raccolte emerge che la problematica degli abusi è estesa in diverse parti del mondo, lasciando gravi traumi su donne sottomesse, a causa del voto di obbedienza, a chi, in virtù di un potere spirituale, ha approfittato della loro debolezza o della loro docilità.
Art. 609-quater c.p – Atti sessuali con minorenni
“Soggiace alla pena stabilita dall’articolo 609 bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza.
Fuori dei casi previsti dall’articolo 609 bis, l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest’ultimo una relazione di convivenza, che, con l’abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni.
Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Si applica la pena di cui all’articolo 609 ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci”.
I casi di abusi sessuali, riferiti dalle inchieste svolte dalle commissioni indipendenti in diversi paesi del mondo, sono ormai noti all’opinione pubblica, ma non sono ancora stati affrontati con sufficiente consapevolezza né volontà di cogliere l’origine del problema. La mancanza di equilibrio dei consacrati, nella gestione della sessualità, induce ad instaurare rapporti con l’altro sesso immaturi e privi di consapevolezza. La sessualità è considerata prevalentemente come una tentazione da reprimere e concepita secondo un punto di vista esclusivamente patriarcale e maschilista o maschile che non tiene assolutamente conto del modo di essere della donna, sia fisico che psicologico; solo per fare un esempio tra i tanti che si potrebbero citare. L’attenzione che viene attribuita a questo tema produce pensieri e comportamenti ossessivi.
La Chiesa e i vertici dei movimenti e degli ordini religiosi sembrano riconoscere solo a parole l’entità dei crimini commessi, ma non hanno attivato con sufficiente determinazione misure utili ad affrontare i casi di abuso sessuale riconosciuti e a prevenirne la reiterazione.
In particolare, la violenza sessuale negli ambienti religiosi è sempre preceduta da un contesto di pre-abuso caratterizzato dalla violenza psicologica e dal controllo sulla coscienza. Questo aspetto non è minimante preso in considerazione dai diversi contesti culturali, siano essi legati alla politica, alla stampa, all’associazionismo, alle istituzioni religiose che anzi fondano la formazione spirituale dei propri membri proprio su queste pratiche lesive dell’integrità personale.
Gli scandali emersi nella Chiesa sugli abusi sessuali non sono ancora stati affrontati con gli opportuni strumenti di contrasto.
Pur essendo stata istituita nel 2014 la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, sembra che sia mancata la collaborazione con i dicasteri della Curia romana in riferimento ai casi segnalati e alla strategie di intervento.
Nel febbraio 2022 è nato #italychurchtoo, un coordinamento nazionale di associazioni per la lotta agli abusi. Lo scopo di tale coordinamento è chiedere alla Chiesa l’istituzione di un commissione di indagine indipendente, che rilevi gli abusi perpetrati dal clero, l’attivazione di strumenti e strategie efficienti per prevenire tale fenomeno, che si è dimostrato sistematico e non isolato a pochi casi, e l’individuazione di opportuni criteri di risarcimento delle vittime.
Si chiede inoltre che l’intervento sul problema degli abusi si fondi sull’ascolto delle vittime e su un’analisi attenta e lucida delle cause che portano a condotte che nascono da un’impostazione distorta dell’uso dell’autorità religiosa e da una gestione poco equilibrata della sessualità nel clero.
Art. 610 c.p.- Violenza privata
«Chiunque, con violenza [581] o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata [64] se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339»
La privazione coattiva della libertà di determinazione e di azione comporta violenza privata e, in base alla giurisprudenza, si configura anche quando tale violenza non è solo fisica, ma prevede condotte in cui si creino condizioni imposte dall’esterno di privazione o di interferenza con la propria libertà di azione, intesa sia come libertà di movimento, per esempio a causa della limitazione di mezzi o di spazi sia come libertà morale o di pensiero, per esempio la negazione di poter esprimere la propria opinione o il proprio volere.
Nei casi di specie si riscontra in molte comunità di vita religiosa una situazione di totale privazione della volontà, causata da vessazioni psicologiche e una mancanza di disponibilità di mezzi di sussistenza e di beni necessari ad una conduzione di vita autonoma (telefono, televisione, automobile, denaro, libri, ecc.), imposta dai superiori e dall’organizzazione di vita prevista dagli statuti. Per alcuni membri dei movimenti ecclesiali/organizzazioni religiose (in particolare quelli che sono tenuti a vivere il celibato) la propria volontà è limitata anche dal fatto che per ogni attività sia necessario chiedere il permesso alla direttrice/direttore o persona di grado superiore (per prendere l’auto, per vedere la televisione, per leggere un libro anche fosse per motivi di lavoro o di studio, per fare acquisti anche di vestiario o di qualunque bene di prima necessità).
Art. 605 c.p. – sequestro di persona
«Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.
La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:
1) in danno di un ascendente, di un discendente, o del coniuge;
2) da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all’estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni.
Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell’ergastolo.
Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell’imputato che si adopera concretamente:
1) affinché il minore riacquisti la propria libertà;
2) per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;
3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore»
Quando era in vigore l’art. 603 c.p. molte imputazioni per reato di plagio si concludevano con la condanna per sequestro di persona, applicando un’interpretazione estensiva rispetto all’ambito di applicazione dell’art 605 c.p. finalizzata a tutelare la personalità individuale. In diverse sentenze la giurisprudenza si è pronunciata in questo senso, considerando sequestro di persona ogni mezzo usato da un individuo volto a limitare la libertà di movimento della vittima come, per esempio, la minaccia di castighi soprannaturali, la mancanza di un sostegno economico, la recisione di legami con l’esterno. La costrizione, quindi, non dipende solo da mezzi fisici , ma anche morali ed è rilevante, pur in assenza di espliciti gesti intimidatori, in qualsiasi atteggiamento che tolga alla vittima la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria autonoma e indipendente volontà. È configurabile un sequestro di persona attuato mediante minacce, sebbene non accompagnate da altri mezzi coercitivi, quando esse, per la loro forza intimidatrice, abbiano un effetto tale da impedire alla vittima la libertà di movimento .
Finora la rilevanza penale di pratiche lesive della libertà personale e della dignità della persona, che hanno portato alla riflessione giuridica sulla possibilità di reintroduzione del reato di plagio, ha riguardato il pericolo connesso al proliferarsi di sette e movimenti pseudoreligiosi
caratterizzati da evidenti aspetti di fanatismo documentati da un rapporto della Direzione centrale di polizia di prevenzione del Dipartimento di Pubblica sicurezza del 1998 su “Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia”. Questi pericoli non sono invece mai attenzionati nel momento in cui si prendono in considerazione i gruppi religiosi della Chiesa cattolica.
Tuttavia le condotte esaminate e raccolte dai racconti dei fuoriusciti, reiterate nel tempo e insite nella struttura stessa dei carismi o dei dogmi dei movimenti e delle famiglie religiose, potrebbero rientrare nell’una o nell’altra di tali fattispecie.
Avendo le vittime constatato di persona che queste modalità di condurre la vita comunitaria sono permanenti, e, poiché si riscontra nella maggior parte dei casi reticenza a sporgere denuncia o addirittura a riconoscerne la sussistenza, si rende urgente e necessario un controllo esterno e un monitoraggio che impediscano il protrarsi di modalità illecite purtroppo insite nello stile di vita imposto dal carisma.
Testo di Martina Castagna, Luigi Corvaglia, Paolo Florio, Guido Licastro, Maurizio Montanari, Emanuela Provera, Federica Roselli, Cecilia Sgaravatto e Monique Van Heynsbergen, tratto da Riflessioni giuridiche ed etiche sull’esperienza di adesione alle famiglie religiose e ai movimenti ecclesiali della Chiesa Cattolica. Giustizia e tutela dei diritti nella vita delle comunità ecclesiali (febbraio 2023).
precedente | successivo |
Il materiale è distribuito con Licenza Creative Commons BY-NC-SA 4.0