Vent’anni in Focolare. Il mio vissuto
UNA EX FOCOLARINA
Ho lasciato il Focolare diversi anni fa, dopo aver trascorso venti anni in comunità. È solo dopo aver lasciato questo movimento che sono riuscita a "pensare autonomamente" e a permettermi uno sguardo critico su certe pratiche che prima mi sembravano normali, dato che non avevo conosciuto altro (ero entrata nel movimento all’età di diciassette anni), e che solo ciò che proponeva il movimento era considerato buono al suo interno. Da allora mi sento un po’ responsabile di aiutare le persone che si sentono attratte da questo movimento o le persone che vivono già in comunità al suo interno e che non riescono a vedere la loro esperienza con il distacco sufficiente da avere il coraggio di abbandonarlo... Mi sono presa il tempo necessario per poter riflettere ed esaminare più dall’esterno, in modo più obiettivo, basandomi sulla riflessione di persone più competenti, e ho raccolto questi elementi in un documento dettagliato di analisi di una quarantina di pagine. Poi ne ho estrapolato soltanto gli elementi relativi al mio vissuto di venti anni in Focolare, documento più corto, destinato ai lettori interessati solo a questo aspetto.
Lo scopo di queste poche pagine è quello di individuare i rischi che corre una struttura religiosa di ostacolare la libertà interiore dei propri membri adottando pratiche di natura settaria. Dopo una prima parte incentrata sugli elementi psicologici di crescita dell’essere umano e sulla tentazione del singolo individuo di rifugiarsi in comportamenti fusionali, presenterò la mia esperienza nel movimento dei Focolari, seguendo i criteri indicati da padre Stanislas Lalanne, portavoce dell’episcopato francese:
Quali sono le differenze fondamentali che permettono di distinguere una setta da una comunità cristiana?
1) Come funziona il potere? A chi appartiene? Da chi deriva? Qual è il suo campo di applicazione? È sottoposto a un controllo, a una regolamentazione?
2) Come circola il sapere, l’informazione? Qual è il posto che occupa la parola di ciascuno?
3) Come si gestiscono gli averi? Qual è la provenienza del denaro? Chi ne dispone? L’adepto che abbandona il movimento si trova in uno stato di dipendenza?
4) Come sono vissute le relazioni? C’è rispetto di ogni persona, c’è alterità nella relazione? Il gruppo è focalizzato su sé stesso o è aperto agli altri?1
1. Il duro compito di essere liberi
«Non c’è per l’uomo pensiero più angoscioso che quello di trovare al più presto a chi rimettere il dono della libertà... Gli uomini si sono rallegrati di essere nuovamente condotti come un gregge...» (Il Grande Inquisitore della leggenda di Dostoevskij)
La libertà interiore è uno dei più grandi valori che costituiscono la dignità dell’uomo. Ma vivere questa libertà non è facile e a volte si può essere tentati di rinunciarvi, lasciandosi trasportare dagli altri. È quello che vedremo in questa prima parte.
1.1 Imparare a dire «io»
L’io è odioso
Chi ha detto: «L’io è odioso»? Un nichilista come Nietzsche? Un giansenista come Blaise Pascal? I Focolarini dicono: «L’“io” deve essere cacciato».
Essi non si esimono dal ribadire l’atteggiamento che raccomandano dinanzi a qualsiasi altra persona: farsi schiavo dell’altro. Non a caso, in italiano, ci si saluta con un «ciao», che significherebbe «schiavo»: «sono tuo schiavo». In Focolare, l’«io» è esplicitamente proibito: solo il «noi» viene valorizzato. Le prime consacrate raccontano con queste parole il loro periodo iniziale, durante la guerra : «Eravamo uno, a tal punto che, se fossimo morte, volevamo essere seppellite tutte nella stessa tomba, con una sola epigrafe: “E noi abbiamo creduto nell’amore”». Fare tutto insieme, mai da soli : è una costante in Focolare, dove perfino i momenti di svago sono vissuti “ad intra”, cioè all’interno della comunità, solo tra i membri della comunità.
1.2 Ricerca di sicurezza
Di fronte alla durezza del mondo e della vita, l’essere umano cerca un luogo in cui sentirsi al sicuro. L’approccio religioso non può prescindere da questa ricerca di una dimensione interiore protettiva, contro la realtà del mondo esterno.
Questa vita al di fuori dal mondo presenta caratteristiche ancora più forti quando il gruppo crea un villaggio comunitario, come hanno fatto i Focolarini. Il villaggio (Loppiano in Italia) in cui si formano per due anni i futuri membri di queste comunità funziona quindi come una campana di vetro. Le 500 persone lavorano all’interno del villaggio; il motivo ufficiale è che la maggior parte dei membri non parla la lingua italiana… ma c’è da dire che anche i cittadini italiani (per fare l’esempio di Loppiano) lavorano all’interno del villaggio, detto cittadella.
1.3 «Seguire» Gesù
Di fronte alla difficoltà di dire «io», si corre il grave rischio di capire male quello che chiede Gesù: «Rinunciare a sé stessi». Ecco quindi subentrare il desiderio di alienazione, per liberarsi dal quale a volte sono necessari anni e anni. Il desiderio di avere un maestro, in quanto non è permesso riconoscere a sé stessi il valore di essere al pari dell’altro. Il desiderio di non dover affrontare le difficoltà di vivere quella vita unica che è la propria, quella morte unica che è la propria. Il desiderio di non far parte di coloro che parlano, ma soltanto di coloro che ripetono le parole già dette da colui, da coloro che parlano bene. Per non rischiare di essere condannati dagli altri se ci si fa avanti prendendo la parola.
1.4 Immagine della vocazione
Il concetto di vocazione è un concetto delicato, che può diventare pericoloso se manipolato senza precauzioni.
I Focolarini insistono sulla necessità di fare la volontà di Dio, e non la nostra: io non devo avere una volontà. E nei loro fine settimana di reclutamento si basano sulle presunte parole di sant’Ambrogio, che avrebbe detto che il 99 % dei giovani è chiamato al celibato. I/Le Focolarini/e ripetono spesso che «non si possono offrire a Dio fiori appassiti»: non bisogna aspettare – dicono loro – per rispondere alla «chiamata di Dio». Questa «chiamata» è allora spesso il frutto di un semplice fine settimana di presentazione della vocazione di consacrati in questo movimento: e, in un clima di surriscaldamento affettivo, il/la giovane viene incitato/a a rispondere rapidamente «sì», e a mettere per iscritto le sue intenzioni quello stesso giorno, inviandole subito al responsabile del movimento nel suo paese. Niente ritiro in silenzio, nessun periodo di riflessione, nessun indietreggiamento di fronte al movimento che chiama, anzi: il movimento moltiplica gli incontri e incanala il/la futuro/a consacrato/a su una strada già tracciata e senza via d’uscita.
In Focolare, la vocazione alla verginità consacrata è esaltata e considerata ben al di sopra delle altre. Si afferma esplicitamente che le persone sposate devono guardare con profonda ammirazione ai vergini consacrati; e c’è un atteggiamento di grande deferenza da parte delle persone sposate, spesso responsabili di una famiglia e di vari figli, nei confronti dei giovani consacrati, privi di esperienza, spesso ancora in piena adolescenza e mantenuti in questa condizione dal tipo di strutture del movimento, ma aureolati della loro aura di consacrati. La fondatrice del movimento, Chiara Lubich, afferma che «i Focolarini sposati devono sprofondare in un abisso di umiltà di fronte ai Focolarini “vergini”»: eppure, questi ultimi hanno spesso la metà dei loro anni e un quarto della loro esperienza. Nonostante la comunità sia composta da vergini e da sposati, soltanto i vergini possono diventare responsabili della comunità locale o del movimento (capi-zona, capi-focolare). La stessa deferenza esiste per i religiosi o le religiose di congregazioni «classiche» della Chiesa, nei confronti dei consacrati del movimento (focolarino/a) : quando un focolarino/a si reca in un’altra città per un fine settimana di apostolato, viene ospitato presso le famiglie o le congregazioni religiose in cui vivono degli amici del movimento; è lui/lei che prende la parola alle riunioni e tutta l’organizzazione ruota intorno a lui/lei.
1.5 Ricerca di fusione
Cosa spinge le persone verso certi movimenti?
1.5.1 Unità di pensiero
Non c’è assolutamente spazio per un qualunque tipo di opposizione nel movimento dei Focolari. Non sfiorerebbe a nessuno, nemmeno l’idea! Una volta la fondatrice, nel rispondere ad una domanda di un membro del movimento riguardo la possibilità che una persona esprima un parere contrario a quello di un responsabile, ha esclamato: «Discutere? Sei impazzita?»
1.5.2 Evitare i conflitti
Ci si può chiedere fino a che punto siano accettabili i conflitti negli ambienti ecclesiali.
In Focolare, qualunque rischio di conflitto è eliminato alla base dall’esigenza di «fare unità», e quindi di rinunciare al proprio pensiero, rendendo così il movimento un luogo di pace apparente, permettendo di evitare le tensioni e i conflitti della vita «del mondo». I conflitti sono quindi rarissimi ed emergono soltanto quando la persona si permette di prendere le distanze nei confronti della vita all’interno del movimento, e quindi di prendere le distanze nei confronti del movimento stesso, cosa che causa immediatamente il fatto di essere messa in disparte, portandola verso l’esclusione. Torneremo su questo punto nell’ultima parte, a proposito della libertà di dialogo tra i membri del gruppo.
1.5.3 Desiderio di fusione
La spiritualità dei Focolarini è incentrata sull’unità, che può portare ad una ricerca di fusione.
Il loro lessico è sintomatico: «farsi uno», «essere fusi in uno». In effetti, all’interno delle comunità, si osserva in particolare che la persona instaura spesso un legame di forte dipendenza psicologica nei confronti del suo o della sua responsabile.
I Focolarini, per i quali l’ideale è di «essere nulla», citano l’incipit di questo passaggio di santa Teresa di
Lisieux, a proposito del giorno della sua prima comunione:
Quel giorno non era più solo uno sguardo, era una fusione; non erano più due: Teresa era scomparsa come la goccia d’acqua nell’oceano. Gesù restava solo, era il padrone, il re. Teresa gli aveva pur chiesto di toglierle la libertà, perché la libertà le faceva paura, lei si sentiva così debole, così fragile, che voleva unirsi per sempre alla Forza divina!2
Questo desiderio di fusione, di rimettere la propria libertà a Dio perché a Teresa faceva paura, potrebbe sembrare patologico, ma in realtà è semplicemente tipico di quella tappa dell’infanzia, agli albori della vita spirituale. In seguito, Teresa sarà ben lontana dalla fusione, quando sentirà la distanza che la separa da Dio, come un muro che si innalza fino al cielo.
Nei Focolari, invece, permane questo desiderio di fusione della persona in Dio.
1.5.4 Il bambino – rischio di comportamenti infantili
In Focolare, il rischio di mantenere le persone in una condizione di infanzia perenne è grande. Infatti si raccomanda spesso di «essere bambini». La stessa parola utilizzata per designare i consacrati del movimento significa «bambini» in trentino “popi”.
1.5.5 Rispetto di una distanza tra le persone?
In Focolare, la fondatrice, Chiara Lubich, è chiamata «mamma», la si festeggia in occasione della festa della mamma, insieme a tutte le responsabili nazionali. E lei ripeteva : «Dovete essere "madri" gli uni per gli altri».
1.5.6 Rispetto di una distanza tra l’uomo e Dio - Immediatezza
In Focolare esiste un rischio di esultanza fusionale: concetto o sentimento di «Gesù in mezzo a noi»: ogni testimonianza è benvenuta a patto che rafforzi questa convinzione o questa esperienza. E si moltiplicano i fatti vissuti, spesso commoventi, la cui interpretazione, raramente messa in discussione, viene immediatamente celebrata. E’ un proselitismo gioioso. E’ “immediatezza”...
Tra i numerosi scritti di Chiara Lubich ce n’è uno intitolato Il Dio vicino. Certo, tratta della presenza di Cristo in mezzo alle persone unite nel suo nome, ma la pratica mostra che si devia rapidamente verso una strumentalizzazione di «Gesù in mezzo a noi», che permette di prendere sempre le decisioni giuste, di non sbagliarsi mai, poiché è lui che decide e non noi. E il discorso interpretativo si limita spesso a un’esclamazione ripetuta molto di frequente: «Che bello!».
1.6 Fenomeni straordinari
I Focolarini tendono ad appoggiarsi su fenomeni interpretati in chiave straordinaria e attribuiti a un Dio provvidenziale. Le comunità di Focolarini nutrono grandi aspettative nei confronti della Provvidenza, facendo delle «liste al Padre Eterno» per chiedere ciò di cui hanno bisogno... convinti che basti chiedere, uniti nel suo nome, per ottenere! Essi insistono molto sulla frase di Gesù: «Qualunque cosa che chiedete al Padre nel mio nome, vi sarà data». E in un intervento di Chiara Lubich, si sente questa esclamazione piena di meraviglia: «Chiediamo – otteniamo; chiediamo – otteniamo; chiediamo – otteniamo; chiediamo – otteniamo»...
I Focolarini raccontano che nei primi tempi del movimento, un giorno, una persona bussa alla porta del primo Focolare e porta un sacchetto di mele. Le prime focolarine vanno a distribuirle ai poveri; in seguito a questo arriva uno scatolone di mele, che esse vanno a distribuire ai poveri, e la sera ecco che bussano di nuovo alla porta del Focolare e qualcuno porta una valigia piena di mele! Raccontano anche che un giorno Chiara, la fondatrice, incontra un povero scalzo: ma lei non ha scarpe da uomo da dargli… allora chiede a Dio un paio di scarpe, numero 42. Quello stesso giorno, una persona le consegna un pacco… con un paio di scarpe da uomo, numero 42 ! Gli stessi “fioretti” si raccontano per esempio con un abito da uomo, ecc…
2. Potere
2.1 Potere e autorità
2.1.1 Il leader
Nel movimento dei Focolari si parla incessantemente della fondatrice: è l’unico punto di riferimento, tutti vogliono emularla. Si lascia chiamare «Mamma» dai membri interni del movimento. Numerose sono le focolarine con un’acconciatura di capelli uguale alla sua. Uno dei dirigenti del movimento ha detto: «Se potessero avere tutte la stessa voce della fondatrice, lo farebbero» ...
Per lei si scrivono canzoni. Ogni sua parola è Vangelo. I suoi discorsi, registrati su audiocassette, i membri interni li conoscono praticamente a memoria. Chiara Lubich stessa affermava : «Io per voi sono una madre», «per giungere a Dio dovete passare tramite me.». «Io, io seguo Dio e voi, voi seguite me», afferma la Fondatrice dei Focolarini. Per fortuna è proprio il verbo «seguire» che si trova coniugato due volte in questa frase, e non il verbo «essere», ma ciò non toglie che con queste parole la fondatrice voglia assumere un ruolo di intermediaria tra Dio e l’uomo, cosa che può diventare molto pericolosa.
Chiara Lubich ha una tale aura che tutti i membri del movimento vorrebbero parlarle, tutti le scrivono, e lei fa rispondere dalle sue segretarie. Gli effettivi del movimento aumentano e la fondatrice si fa poco a poco inaccessibile, comparendo in pubblico solo su un palco e scomparendo immediatamente, sempre circondata dai suoi fedeli dei primi tempi.
Ci sono termini che ricorrono spesso nel lessico del movimento: «Ideale», «assoluto», «tutto o niente», «nessun compromesso», «radicale» (o «totalitario»!) ...
Nel movimento non c’è riflessione sul desiderio profondo della persona: l’impegno viene assunto sull’onda dell’entusiasmo di seguire il leader e spesso non sul fatto di seguire Dio.
2.1.2 Forme di governo
Spesso i responsabili delle comunità di Focolarini restano tali a vita. Non è prevista una durata massima per un mandato. Ecco quindi che la responsabile del movimento in Francia dagli anni Settanta agli anni Novanta ha rivestito questa stessa carica per oltre trent’anni. Non si svolge alcuna consultazione della comunità locale o nazionale in merito alla scelta di una responsabile locale o nazionale. Gli unici ad essere eletti sono i delegati per l’assemblea: le focolarine con i voti perpetui votano mediante scheda segreta, scritta a mano, il cui spoglio è effettuato dalla responsabile nazionale (che conosce la calligrafia di ognuna) e che può già aver fatto capire chi vorrebbe portare all’assemblea... e fin dalla prima tornata si vota all’unanimità meno un voto (quello della delegata in questione; così facendo si sa poi per chi votare per l’elezione delle supplenti!).
Si può addirittura arrivare a pratiche di tipo totalitario: il termine «totalitario» è utilizzato molto spesso da Chiara Lubich nella sua lingua. In francese è un termine delicato e viene quindi sistematicamente tradotto con «radicale» (il nostro impegno è «totalitario», il nostro ideale è «totalitario»...). Ma forse è solo un problema di lessico…
2.1.3 Controllo sulle persone del movimento
L’obbedienza riveste grande importanza in Focolare, e non solo per i consacrati che hanno pronunciato i tre voti. Ciò che dice la fondatrice è quindi la volontà di Dio sui membri del movimento, e si ripetono slogan quali: «L’uomo obbediente canta vittoria», o «Essere Gesù: non avere più una personalità, avere solo quella di Gesù».
Nelle comunità di consacrati si va anche ben oltre, fino a non fare niente senza l’autorizzazione del/della responsabile. In una comunità, ad esempio, la responsabile pretendeva che i membri venissero a chiederle perfino il permesso di farsi una doccia. A tal punto che un sacerdote, che si era allontanato dal movimento, descriveva le focolarine come «in fila davanti alla responsabile provinciale per chiederle il permesso di andare a fare la pipì !»
«Prima di pronunciare i primi voti – una giovane focolarina che aveva concluso i suoi anni di formazione in comunità – si è sentita dire che aveva un carattere talmente forte che avrebbe dovuto aspettare cinque anni prima di essere ammessa a pronunciare i primi voti: “Devi dimostrare di essere in grado di vivere un anno senza avere l’“uomo vecchio” (vale a dire senza arrabbiarti, o “mancare nell’unità”...)». Si osserverà che una così lunga attesa di cinque anni imprigiona la persona in una speranza senza scadenza precisa, impedendole di autorizzarsi a pensare di riprendere la propria libertà.
Ogni giorno, in Focolare, ognuno/a deve redigere un resoconto scritto delle sue spese, dei suoi orari di lavoro, del suo apostolato (persone incontrate), della sua vita di preghiera (confessione ogni quindici giorni, Messa ogni giorno, tensione alla santità...), della sua salute (orari di sonno, dei pasti, medicinali presi...), della sua posta (lettere ricevute o scritte)... Si calcola il totale (numero di Messe, di rosari, di confessioni, ritmo del sonno...) per
ogni persona e per ogni mese, per comunità, per paese, e lo si trasmette al centro internazionale, a volte anche tramite posta elettronica... Un mancato rispetto della Messa quotidiana, del numero di rosari regolamentari o della confessione quindicinale sarà rilevato, con l’obbligo di «recuperare» andando per esempio a più Messe lo stesso giorno!
Spesso è in termini molto sbrigativi che si annuncia a questo o a quel membro una decisione che comporta un espatrio o la rinuncia alla sua professione per un lavoro a tempo pieno all’interno del movimento.
Passare a lavorare a tempo pieno all’interno del movimento è presentato come una promozione: è segno che la persona è degna di fiducia. All’interno del movimento, solo chi ha dato prova di sottomissione totale può accedere a incarichi e posizioni di responsabilità.
Poi è molto difficile sollevare una persona dalle sue responsabilità, in quanto essa ha visto come si esercita il potere e come lo si gestite «dall’alto». Le persone non sopportano più di essere gestiti in questo modo. Non è raro che un ex-responsabile «decaduto» arrivi addirittura ad abbandonare il movimento.
Per tutti, l’unica scelta possibile è la sottomissione o l’esclusione: «la mela marcia deve essere tolta», dicono i Focolarini riferendosi a chi non dovesse seguire il gregge. D’altronde, la parola «gregge» descrive bene le cose: i rami del movimento che si rivolgono a persone meno impegnate sono chiamati «movimenti di massa».
Il rischio di manipolazione mentale non si limita ai membri più interni del movimento. Infatti, data la forte aura di cui godono i consacrati, aura che li precede dovunque gli altri membri li attendano quasi con devozione, c’è un rischio di manipolazione mentale non indifferente nei confronti dei giovani dei gruppi che essi dirigono.
2.1.4 Foro interno / foro esterno - Accompagnamento - Riservatezza
Contrariamente a quanto avviene per esempio per i seminaristi nei seminari diocesani, in Focolare foro interno e foro esterno sono giudicati dallo stesso responsabile. Sono infatti i responsabili della comunità ad accompagnare spiritualmente tutti i membri, senza peraltro aver ricevuto alcuna formazione specifica. E si raccomanda vivamente a ciascuno di essere «molto aperto» con il proprio superiore: bisogna dire tutto tranne il peccato, che si dice al confessore. Inoltre, ciò che viene detto nel gruppo o durante il colloquio di accompagnamento personale con il responsabile viene sistematicamente riferito al livello gerarchico superiore nel resoconto mensile del responsabile. Può perfino accadere che la responsabile nazionale incontri i genitori di una consacrata che, messi in allarme dallo stato d’animo di tristezza della loro figlia (maggiore), si preoccupano per la sua salute: ecco che elementi strettamente riservati e attinenti senza ombra di dubbio al foro interno possono allora essere comunicati ai genitori!
2.1.5 Itinerario della nuova recluta
La maggior parte delle congregazioni religiose classiche, allo scopo di tutelare la libertà interiore dei candidati, prevede un processo di reclutamento molto attento a scandire con esattezza le tappe, con scelta personale maturata in solitudine (senza l’influenza della congregazione) e domanda scritta di ammissione alla candidatura, al noviziato, nonché per i primi voti, per il loro rinnovo e per i voti definitivi. D’altronde, le congregazioni richiedono spesso ai candidati una precedente esperienza professionale prima di bussare alla porta della vita religiosa, affinché la loro sia una scelta libera e che non rimangano nella comunità semplicemente per evitare la disoccupazione.
In Focolare, il discernimento di una «vocazione» all’interno del movimento è opera degli stessi membri, che, conoscendo una persona, decidono di invitarla a sperimentare questa o quella vocazione, per poi incanalarla in tale direzione. Il reclutamento avviene in giovanissima età: il limite massimo è fissato a trent’anni per i consacrati vergini e a trentacinque per i consacrati sposati, e la maggior parte dei giovani che entrano a far parte del movimento non ha ancora esperienza professionale. Chi è entrato a far parte dei Focolarini da bambino o da adolescente conosce il mondo e la vita solo attraverso il filtro di lettura del movimento; in particolare, non conosce molto della Chiesa né delle vocazioni che propone. Non ha quindi alcun punto di riferimento esterno che gli permetta di confrontare le proposte del movimento con quanto esiste al di fuori di esso. La sola conoscenza che ha delle altre spiritualità si limita alle citazioni dei santi nei discorsi della fondatrice. D’altro canto, lo dice lei stessa: «Per voi è inutile leggere libri di santi: ve li spiego io». Ad ogni modo, i membri del movimento non hanno tempo da dedicare alla lettura.
L’itinerario è molto ben incanalato e «spinto»: al candidato non si lascia il tempo di riflettere con calma. Contrariamente alle congregazioni religiose che chiedono ai loro candidati di fare un ritiro d’elezione di otto giorni in silenzio, insieme ad una persona non facente parte della congregazione in questione, in Focolare non c’è mai tempo da trascorrere in disparte o in ritiro al di fuori del movimento, non c’è mai un tempo consacrato al silenzio durante gli incontri. I candidati, ai quali non viene mai chiesto di redigere una domanda ufficiale per iscritto, consegnano un atto firmato solo dopo aver pronunciato i voti (privati), e per la rinuncia ai beni, il giorno in cui prendono i voti perpetui. Non è previsto alcun dialogo per l’assegnazione del giovane consacrato a un incarico o prima di inviarlo in questa o quella nazione: al termine dei due anni di formazione, i nuovi membri delle comunità (qualche decina) vengono riuniti in una sala in cui viene annunciato a ciascuno in quale “zona” sarà inviato, senza che la persona sia stata avvertita o che abbia potuto esprimere un parere o un desiderio. Contrariamente a quanto scritto nel regolamento dei focolarini/e, può succedere che a distanza di venti anni dai suoi primi voti, una persona non sia ancora ammessa a pronunciare i voti perpetui. È una grave lesione della libertà interiore, in quanto la persona viene mantenuta in uno stato di attesa senza una precisa scadenza, cosa che non l’aiuta a prendere un’eventuale decisione di abbandono del movimento. Una persona non deve presentare una domanda scritta per essere ammessa a pronunciare i primi voti o i voti perpetui: si presume che sia normale desiderarli, e la persona può essere avvisata il giorno prima del fatto che l’indomani pronuncerà i voti perpetui. Non è previsto che si possa desiderare non pronunciarli, o pronunciarli più tardi. D’altro canto, non è mai previsto un punto di passaggio in cui la persona potrebbe interrogarsi in merito al desiderio di proseguire o meno il cammino verso il noviziato, o verso i primi voti, o verso i voti perpetui: non è previsto alcun punto di uscita tale da permettere di uscire dal gruppo a testa alta. L’abbandono è quindi sempre vissuto come una sconfitta da parte di chi se ne va e come un tradimento nei confronti del gruppo. Ad esempio, una persona che aveva pronunciato i voti perpetui da oltre venti anni è letteralmente fuggita da una comunità, durante il periodo estivo, portandosi dietro il carrello della spesa, proprio come se andasse a far compere. Quanto accaduto lascia credere che questa avesse segretamente preparato la sua partenza già da tempo, mettendo da parte del denaro, quando ogni minimo centesimo della comunità è scrupolosamente contato e controllato. Quindi non è previsto nulla in caso di abbandono del movimento: l’interessato si vergogna e si sente in colpa, ha l’impressione di tradire la chiamata di Dio. Chiara Lubich, la fondatrice, del resto, ripete: «Chi parte sarà per sempre infelice».
2.1.6 Racconti di conversione
In Focolare, ognuno scrive la propria storia e la racconta in varie occasioni, anche al microfono davanti a grandi assemblee, nel qual caso la storia deve essere riveduta e corretta dai responsabili. Il periodo prima della conversione è considerato come negativo, una vita nell’oscurità, mentre il periodo successivo è valorizzato come una vita nuova, nella luce. Le persone che entrano nel movimento chiedono spesso alla fondatrice un nome nuovo, per sottolineare il fatto che la loro vita è nuova. Sappiamo bene quanto il nome di una persona sia importante per il suo funzionamento psicologico...
2.1.7 Libertà
La libertà è imperfezione. La differenza è imperfezione. (Marie Balmary3)
La differenza tra una Chiesa e una setta? Nella Chiesa è difficile entrare (lo sanno bene i catecumeni, ai quali viene chiesto di fare un cammino di due anni prima del battesimo!), ma si esce quando si vuole. In una setta è facile entrare (forte proselitismo), ma è difficile uscirne (dipendenza psicologica).
In Focolare, a parte l’utilizzo del termine «totalitario» già evidenziato sopra, certe persone possono anche vivere l’intrusione dei responsabili nella propria vita privata come un «abuso di coscienza». Ma i responsabili, dal canto loro, più che di «obbedienza» parlano di «fare unità»: una sottile privazione di libertà. La questione del rispetto dell’opinione dell’individuo non si pone affatto: il singolo individuo, infatti, non dovrebbe avere un’opinione, per via dell’esigenza di unità di pensiero.
Una persona che ha aderito al movimento da qualche mese chiede a un’altra: «E tu, con chi sei?» (quasi a dire “di chi sei?” “chi ti possiede?”). È con queste parole che descriveva la sua relazione con la responsabile della comunità, come se questa persona fosse diventata un «possesso» della responsabile (capo-focolare).
Quando un membro del movimento redige la sua esperienza per proclamarla come testimonianza, deve per prima cosa presentarla ai responsabili, e non di rado questi gli chiedono di correggere l’uno o l’altro punto, di toglierne
o aggiungerne un altro. Infatti, ogni discorso fatto in pubblico è preparato in unità, rivisto e corretto, a costo di deformare l’intento iniziale dell’intervenuto o la sua esperienza reale. È una delle ragioni che hanno contribuito all’abbandono di certi membri del movimento.
Paradossalmente, i Focolarini vivono in un’apparenza di libertà. Chiara Lubich stessa, stupita, esclamava ridendo: «Liberi! Liberi! Cantano che sono liberi, ma fanno voto di obbedienza...». Si parla perfino di «divisa del sorriso»: il sorriso «deve» essere naturale. E la fondatrice osserva: «Passando per strada, ho visto dei consacrati del nostro movimento, e non portavano la "divisa"... sono rimasta proprio male !»
Si finisce veramente per credere di essere liberi... E se ci si sente prigionieri, nessuno osa dirlo, dal momento che sembrano tutti felici in questa situazione.
2.2 Che tipo di controllo esterno viene esercitato su quanto accade all’interno del movimento?
Uno dei criteri di discernimento da applicare ai movimenti caratterizzati da comportamenti di tipo settario è la risposta alla seguente domanda: il fondatore accetta di sottoporsi ad un sguardo esterno al movimento?
Prima di essere approvato dalla Chiesa, il movimento dei Focolari è stato accompagnato da un osservatore esterno, sotto il controllo del Sant’Uffizio. In seguito, il movimento si è scelto come assistente ecclesiastico un proprio sacerdote interno, quindi interamente dipendente dalla fondatrice (e ordinato sacerdote dal movimento stesso), Don Pasquale Foresi ora deceduto.
Da allora non è stato più sottoposto ad alcun controllo e in caso di problemi i suoi membri non hanno alcuna risorsa esterna, dal momento che, contrariamente alle congregazioni religiose che hanno un assistente ecclesiastico esterno, l’assistente ecclesiastico del movimento è un sacerdote interno al movimento stesso.
La presidente, ora Maria Voce, presenta ogni anno al Papa i risultati brillanti dell’apostolato dei focolarini (con numeri di milioni di aderenti), ma non fa alcun resoconto sul funzionamento interno del movimento. Gli statuti del movimento nel suo complesso sono approvati dalla Chiesa, ma i regolamenti interni di ciascun ramo (in particolare quello dei/delle focolarini/e e focolarini/e sposati) vengono lasciati alla valutazione interna del movimento.
Molte persone lavorano a tempo pieno per salvare e conservare i testi, le registrazioni audio e video della fondatrice, e per tradurli in tutte le lingue. Chiara Lubich ha vissuto un’esperienza di natura mistica alquanto particolare, che lei stessa ha chiamato il Paradiso del ’49: il racconto di questa esperienza viene «donato» (ascoltato su audiocassetta) e rivelato (parzialmente) solo ai membri più impegnati, dopo vari anni di impeccabile fedeltà. Non ne filtra alcuno scritto. Più in generale, certe registrazioni sono «riservate ai membri interni», altre «ai responsabili di zona – capizona o capi-focolare», altre ancora sono riviste e sottoposte a tagli. Solo alcuni testi sono divulgati al «grande pubblico». Tutte le registrazioni sono trascritte e sono molto poche quelle che vengono messe a disposizione del pubblico. Ai partecipanti viene chiesto di non registrare ciò che sentono durante gli incontri e i trasgressori, fortemente colpevolizzati, sono pregati di cancellare le registrazioni che hanno effettuato. Quando la capo-zona (responsabile di una nazione) organizza una conferenza telefonica con le comunità delle varie città, viene spesso chiesto di non registrare, nemmeno a beneficio degli assenti, o di cancellare immediatamente le registrazioni dopo averle fatte ascoltare ai membri della comunità eccezionalmente assenti quella sera.
2.3 Potere e affettività
In Focolare, non di rado viene detto ai più giovani: «Non ridere così forte», o anche «Canta per il tuo angelo custode» (ovvero: non cantare così forte, ci disturbi). La gioia rumorosa è repressa, ma «la divisa del sorriso» è d’obbligo. Si ripete spesso che «l’amore è prima di tutto un atto di volontà, non un sentimento». C’è dunque una forte dimensione di volontarismo, di rinuncia; molte cose si fanno contando solo sulle proprie forze e la fondatrice utilizza spesso espressioni quali «a denti stretti» (come dire “costi quel che costi”... Espressione sorprendente, dal momento che in molti altri ambienti religiosi si raccomanda oggi di «lasciare la presa (liberarsi, sbocciare)»!
Contrariamente all’attenzione antropologica ben presente nelle congregazioni religiose classiche, che raccomandano di prestare attenzione ai propri sentimenti, di accettare la propria umanità, la propria affettività, anche nella dimensione fisica e nella sfera sessuale, e che non esitano ad affrontare questo argomento durante l’accompagnamento e la formazione dei novizi, in Focolare si raccomanda vivamente di non guardarsi, di vivere sempre al di fuori di sé stessi. La sessualità viene non soltanto condannata, ma di fatto praticamente negata, dimenticata, ignorata. Nelle comunità non c’è la televisione, i membri possono non essere andati al cinema da venti anni e comunque solo per assistere a un film «sicuro al 100%», eventualmente «tagliato» per sopprimere le sequenze sensuali. Si raccomanda di distogliere lo sguardo dai manifesti, di cacciare i pensieri impuri. Il reclutamento alla vita consacrata si fa appena conclusa l’adolescenza e nella formazione dei futuri consacrati non c’è alcuna educazione «sessuale», alcuna riflessione sulle relazioni uomo-donna. Nei due anni di formazione delle giovani donne che si preparano a consacrare la propria vita in comunità, il solo intervento riguardante la sessualità è una mezzora in cui un medico spiega la fisiologia della donna, e si limita a ciò che sarà utile alle ragazze nubili (spiegazione delle mestruazioni). Gli incontri misti sono essenzialmente limitati alle riunioni aperte al pubblico.
Aggressività e trasgressione sono a loro volta impossibili in Focolare. Il senso di colpa è accentuato dall’esigenza di confessarsi ogni due settimane e di subire regolarmente l’«ora della verità» (paradiso e purgatorio: ognuno dice all’altro ciò che c’è in lui di positivo o di negativo) da parte degli altri membri del gruppo. Solo il responsabile del gruppo non è soggetto all’«ora della verità»: la subisce con il suo responsabile e i suoi omologhi. All’interno del movimento si parla solo di Amore, e di amore reciproco: la parola aggressività o conflitto non viene mai pronunciata.
Quindi, quando una persona abbandona il movimento, deve imparare a non reprimere più ogni sentimento, deve reimparare ad ascoltare il proprio cuore, ridiventare semplicemente un essere umano. È sintomatico che il termine «umano» abbia una forte connotazione peggiorativa in Focolare, perchè si ricerca solo il divino.
2.4 Idealismo - Ideale e realtà
In Focolare, abbiamo già visto fino a che punto l’immagine del gruppo era idealizzata, per esempio, nella «divisa del sorriso». L’influenza esercitata sui membri e sulla loro libertà di comportamento è forte. Normalmente, la tappa dell’adolescenza è quella in cui la persona corre il rischio di distruggere l’immagine che gli altri si fanno di lei; al contrario, quando un membro adulto del movimento si comporta diversamente da quanto ci si aspetta da lui, uno dei rimproveri che i suoi responsabili possono fargli è proprio di comportarsi «come un adolescente».
I Focolarini aspirano altresì a un ideale che sembra loro molto immediato, ben lontano dal cammino della realtà, e se ne rallegrano: «Numerose spiritualità presentano le tappe da percorrere per scalare la cima. Noi, invece, ci collochiamo fin da subito sulla cresta del monte.» Si raccomanda un’esigenza di relazione trasparente tra i membri del movimento, e in particolare tra ogni persona e il suo responsabile. Non a caso questo movimento e la sua spiritualità si chiamano «l’Ideale», e al suo interno si parla costantemente di «vivere l’Ideale». Il movimento corre in effetti un grande rischio d’idealismo, di ricerca d’immediatezza tra Dio e l’uomo. Il movimento si limita a sottolineare l’aspetto luminoso, caloroso, la pace, l’amore, la presenza immediata, evidente di Dio. È «l’Ideale».È un procedimento sano? Certo, Dio è vicino, ma non lo si può certo toccare.
I Focolarini sono invitati a vivere la «tensione alla santità», a perseguire il loro Ideale, col rischio di dover fare i conti con un forte senso di colpa, accentuato dal fatto che i membri della comunità non devono andare a letto la sera senza prima essersi chiesti reciprocamente scusa per quello che è potuto succedere durante la giornata. L’esame di coscienza comunitario della sera diventa un supplizio per coloro ai quali l’«Ideale» ha esacerbato il senso di colpa.È evidente il divario che esiste tra la teoria e la pratica in questo movimento. Certo, sono proprio i discorsi che attirano verso il movimento. E non c’è dubbio che Dio abbia donato un carisma alla fondatrice. Ma è il modo di funzionamento delle sue strutture ad essere pericoloso, in quanto incentrato sull’unità, e l’unità non è vissuta nel modo giusto.
E mentre si moltiplicano espressioni quali «tensione alla santità», «essere Gesù», le persone sono invitate a non ascoltarsi, a non utilizzare l’espressione «ho voglia di».
2.5 Come uscire dalla setta?
Non è facile uscire da un movimento caratterizzato da modi di funzionamento di tipo settario.
Per un consacrato è molto difficile abbandonare il movimento dei Focolari, soprattutto se lavora a tempo pieno al suo interno. Ad ogni modo, non avendo alcuna rete di relazioni al di fuori del movimento, e non avendo praticamente avuto contatti con la sua famiglia per anni (a meno che la famiglia non faccia parte del movimento, cosa che rende la partenza ancora più difficile!), il «disertore» si ritrova completamente solo. A ciò si aggiunge il senso di colpa, l’angoscia di tradire: «Partire? Significa tradire Gesù...». E i dirigenti del movimento ripetono spesso le parole di Chiara Lubich : «Chi abbandona l’Ideale sarà per sempre infelice...».
In compenso, una volta fatto il passo, l’ex membro prova uno straordinario sentimento di scoperta della libertà interiore. Ma non è qualcosa che si acquisisce dall’oggi al domani: come gli ebrei hanno trascorso quaranta anni nel deserto per imparare a fare i conti con la propria libertà, così l’ex adepto deve reimparare a dire «io», a prendere delle decisioni, a formarsi delle opinioni personali...
«Sei cresciuto storto»... si è sentita dire una persona che, due anni dopo aver abbandonato il movimento in cui ne aveva trascorsi venti, ne sentiva ancora tutta la deformazione interiore...
3. Sapere
3.1 Rispetto della parola di ciascuno
Nel redigere la scaletta per la stesura di questo documento, mi sono avvalsa della lista di criteri di padre Stanislas Lalanne citata nell’introduzione, e ho quindi voluto inserire un paragrafo sul rispetto della parola di ciascuno. Scrivendo il testo mi sono resa conto che non avevo nulla da dire a questo proposito, nessuna testimonianza raccolta, niente. Prima di eliminare il titolo del paragrafo, ho capito che questo fatto era caratteristico di una realtà: la parola di ciascuno non può essere rispettata in un movimento settario, non perché venga repressa, ma perché non c’è parola personale: semplicemente non esiste. Eppure – direte voi – i membri di questi movimenti parlano, a quanto pare senza vincoli. Ma il vincolo è interiore: quando parlano, i membri ripetono quanto appreso dal movimento, o esprimono la loro esperienza personale facendola rientrare nel contesto che risponde alle aspettative del gruppo (ad esempio, parlare solo degli aspetti positivi...). Di fatto, quindi, non c’è alcun problema di rispetto della parola di ciascuno fintantoché il membro è fedele al gruppo e al suo spirito. Ma se solo dovesse scostarsene, cominciando ad esprimere un’opinione personale, o peggio, una critica nei confronti del movimento, si attiverebbero i meccanismi di esclusione e con la rapida espulsione della persona dal gruppo, la questione del rispetto della parola di ciascuno non si pone più al suo interno.
3.2 Il movimento ha sempre ragione
Il movimento dei Focolari ha una risposta a ogni domanda: «Il ‘Perché?’ di Gesù Abbandonato è la risposta a ogni ‘Perché?’». L’«Ideale» è la risposta a tutte le domande dell’uomo di oggi. E la chiave di lettura di tutti gli eventi è offerta dalla spiritualità del movimento, con un ricorso sistematico a parole quali «Unità», «Gesù in Mezzo», «Gesù Abbandonato».
Ad esempio, un giorno, ai primi tempi del movimento, alla Messa, al momento della comunione, il sacerdote va a prendere la riserva di ostie, ma il tabernacolo non si apre: è perché una persona della comunità deve riconciliarsi con un’altra. Quando torna dopo essersi riconciliata, il tabernacolo si apre normalmente.
Oppure, quarant’anni più tardi, dei giovani si lanciano sull’Avenue de la République, a Lione, per incontrarvi dei drogati, nel desiderio, certo lodevole, di “dare la vita per la propria gente” (slogan lanciato da Chiara Lubich). L’avventura però finisce male: è perché non c’era «Gesù in Mezzo» !!!
3.3 Non c’è tempo per sapere cosa succede altrove
Un buon metodo per cercare di capire se il movimento di appartenenza è caratterizzato da modi di funzionamento di tipo settario consiste nel confrontarlo con altri movimenti. Purtroppo è proprio in questo tipo di movimenti, dove le riunioni si succedono a un ritmo serrato e dove la persona ha poco spazio per gestire il suo tempo, che le informazioni su ciò che succede all’esterno sono più limitate. Infatti i Focolarini sacrificano tutto il loro tempo libero alle attività del gruppo.
Un Focolarino/a non si concederà mai un’attività di abbandono solitario. E del resto non ne ha il tempo, in quanto la sua attività missionaria lo assorbe totalmente. L’attivismo forsennato non lascia affatto tempo per pensare o riflettere. Per i Focolarini e separatamente le Focolarine, una sera alla settimana e una giornata al mese sono riservati al riposo: andare insieme in piscina, fare una passeggiata insieme col proprio Focolare. Mai da soli o con amici esterni al movimento. I consacrati non hanno praticamente mai tempo per leggere, nemmeno la sera a letto, dal momento che, salvo eccezioni, solo il responsabile della comunità ha una camera singola. Ad ogni modo, nel movimento la formazione culturale non viene incoraggiata. Solo alcuni di loro – in verità molto pochi – sono chiamati dal movimento a studiare Teologia. La fondatrice non ha forse posto, come uno dei primi atti del movimento, il fatto di mettere i propri libri di filosofia e altri, tutti in soffitta? Ed è la stessa raccomandazione che si fa ancora oggi ai membri del movimento: «Mettere i libri in soffitta». L’unico libro di teologia che i membri del movimento sono invitati a studiare è il libro raccomandato dalla istanze centrali e che serve a far sostenere un esame annuale ai suoi membri. Il rischio del pensiero unico non è certo lontano.
E Chiara Lubich insiste: «Alcuni consacrati soffriranno forse del fatto di non avere una formazione umana più approfondita, di non essere più al corrente di ciò che succede “nel mondo”. È un modo di vivere la povertà...».
L’apertura verso il mondo esterno e la possibilità di avere una prospettiva più ampia sul piano intellettuale sono quindi estremamente limitate, per non dire inesistenti.
4. Avere
L’impegno finanziario dei membri è spesso uno dei primi criteri che permette di identificare una setta. Nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa, la deriva può non essere così forte, ma può comunque essere presente. È quanto accade In Focolare. La messa in comune dei beni è infatti il primo aspetto che questo movimento propone ai suoi membri di vivere: bambini, giovani e adulti, ognuno è invitato a «dare tutto» o a presentare la propria situazione finanziaria personale in piena trasparenza. I consacrati, che donano alla comunità tutto il loro stipendio, non hanno quindi alcuna libertà economica. Ma gli viene comunque chiesto di trovare ogni mese qualche euro da destinare a una certa opera portata avanti dal movimento: allora non gli resta altro da fare che rinunciare al caffè o escogitare qualche altro sistema per raggranellare questa piccola somma sulla quota pro capite calcolata, peraltro già ridotta al minimo indispensabile. Fin dai primi passi in comunità, viene chiesto alla persona: «Sei sicuro di aver dato tutto a Dio?» (vale a dire al movimento). «A casa dei tuoi genitori non hai ancora gioielli o…?» Questo modo di fare sembra naturale per una persona che vuole donarsi corpo e beni in un movimento. Tuttavia, c’è da osservare che, in una congregazione religiosa, viene spesso suggerito alla persona che pronuncia i voti perpetui e che quindi fa voto di povertà: «Puoi donare i tuoi beni a chi vuoi: alla tua famiglia, a un ente di beneficienza…»
4.1 Controllo – a chi va il denaro?
Un altro criterio di funzionamento di tipo settario è il grado di opacità o di trasparenza dei conti.
Il movimento dei Focolari non pubblica i suoi bilanci, e comunque non in modo sufficientemente dettagliato da permetterne il controllo. Le persone che hanno effettuato delle donazioni non sono in grado di verificare l’utilizzo che ne viene fatto. L’intenzione della donazione viene a volte sviata: un esempio preciso è stato rilevato nel 1994, quando, a seguito di una vendita di dolci «per Haiti» fatta da dei bambini del movimento, solo il 50% della somma totale è arrivato ad Haiti: infatti, al livello più basso della gerarchia del movimento, la persona che aveva organizzato la vendita aveva prelevato il 10% degli introiti per le sue spese organizzative, e deve essere successa la stessa cosa anche a livello nazionale e internazionale.
Eppure, questo movimento è autorizzato a ricevere donazioni, deducibili dalle tasse, tramite una delle sue emanazioni di cui è riuscito a far riconoscere l’interesse generale. Ma la parte di denaro che arriva a tutti gli effetti a destinazione è utilizzata per opere da cui traggono beneficio o direttamente dei membri del movimento, o indirettamente (scuole nelle quali lavorano come dipendenti dei consacrati del movimento).
4.2 L’adepto sarà in grado di trovare dei mezzi di sussistenza se abbandona il gruppo?
La partenza di persone che vivono in comunità e che decidono di lasciare il gruppo può causare problemi indipendentemente dal tipo di struttura comunitaria. Ufficialmente, questa eventualità deve essere prevista dagli statuti del gruppo, allo scopo di tutelare l’individuo che desidera riprendersi la sua libertà. Tuttavia, a seconda delle circostanze, più o meno tese, in cui si svolge la partenza, è evidente che, nonostante tutto l’accompagnamento materiale che possa essere previsto negli statuti, non di rado la persona si ritrova sprovvista di denaro, senza un tetto, disoccupata se lavorava a tempo pieno all’interno della comunità, ed eventualmente senza nessuno che possa accoglierla se non aveva relazioni di amicizia al di fuori del movimento a cui apparteneva. Ma se queste comunità hanno previsto itinerari scanditi da tappe ben precise, con dei possibili punti di uscita preventivamente concepiti e che limitino la sofferenza della rottura, allora si può partire a testa alta, in buona armonia e in buone condizioni materiali. La questione dei mezzi materiali dipende quindi essenzialmente dalla qualità della libertà interna – favorita od ostacolata – all’interno del gruppo.
5. Relazioni
5.1 Relazioni tra i membri del movimento
5.1.1 Libertà di pensiero
Il controllo esercitato sulla mente vanifica ogni possibilità di prendere le distanze in modo critico: la persona sedotta aderisce ma non ha alcuna possibilità di adottare un punto di vista esterno su ciò che è in gioco.
È questo il grave pericolo legato ai movimenti caratterizzati da pratiche di tipo settario: quando si è in una setta, non si è consapevoli che si tratta di una setta...
Le pressioni esercitate In Focolare non sono mai esplicite, ma l’ideale dell’unità predicato da questo movimento è una leva di pressione estremamente potente. Infatti, lo scopo del responsabile dei Focolarini non è quello di rendere la persona autonoma, ma di raggiungere «l’unità». Ne consegue, anche se ciò non viene detto esplicitamente, una perdita della libertà di pensiero e una perdita della capacità di decisione personale, in quanto è indispensabile vedere sempre le cose in unità. Ma questo atteggiamento diventa a volte esplicito in certe espressioni. Ad esempio, quando una persona ha difficoltà a «fare unità» con il suo responsabile, gli viene raccomandato di «tagliarsi la testa». Il movimento ha una risposta a tutto, i suoi membri non si pongono domande e non contestano mai ciò che viene detto «dall’alto» (da Chiara Lubich o dalle istanze superiori del movimento, o dai loro stessi diretti superiori), poiché se lo facessero significherebbe «non fare unità». Non hanno alcun punto di riferimento esterno, alcun elemento di confronto, se non per denigrare ciò che si vive al di fuori del movimento e in particolare nelle congregazioni religiose. Quindi, quando una persona abbandona questo movimento dopo averci trascorso vari anni, deve imparare (se ci è entrata da giovane), o reimparare, a dire «io», ad avere un’opinione personale, a decidere autonomamente.
Di fatto, ciò che più sorprende un/una Focolarino/a che potrebbe entrare in contatto con congregazioni religiose classiche è la grande varietà di pensiero riscontrabile in queste congregazioni, dove ognuno può avere un’opinione diversa, anche su argomenti centrali come la Chiesa o l’Eucarestia.
Più in generale, ci si può interrogare sulla possibile influenza di questo o quel tipo di formazione, sulla capacità di libertà di pensiero della persona formata. Alla luce di questo criterio, mi sembra di poter affermare che esistono due tipi di formazione: -uno basato su conoscenze, affermazioni, in presenza di professori (colui che sa inculca a colui che non sa). È quanto accade, ad esempio, in un corso di lingue o durante una lezione di matematica: in questo caso c’è una sola verità. Lo scopo è quello di conquistare un sapere, acquisire una padronanza. Queste formazioni sono rivolte all’intelligenza. È un tipo di formazione necessaria per i bambini, per un’iniziazione in un nuovo settore, per informazioni dottrinali o dogmatiche, e nell’ambito della fede, è ricercato da persone che provano un forte bisogno di strutture rassicuranti. È ciò che fanno i Focolarini per i loro membri interni.
L’intelligenza e la ragione si utilizzano solo per imparare i corsi di teologia diffusi dal movimento, con pseudo-esami interni, in cui basta ripetere quanto scritto nelle dispense, senza alcuna riflessione autonoma.
Le persone ne escono con «LA» verità. La ricchezza di questo tipo di formazioni è il fatto di poter servire come base per chi non ha seguito il catechismo, per esempio. Il rischio è che le persone si irrigidiscano sugli insegnamenti impartiti e che non accettino di buon grado il fatto che altri possano esprimere pareri diversi.
-un altro basato invece su domande che conducono a una riflessione personale, a un’appropriazione, a una maturazione interna. Esempio: il Centre pour l’Intelligence de la Foi ("Centro per l’Intelligenza della Fede") porta ad un’appropriazione adulta della fede, eventualmente mediante una destabilizzazione delle certezze inculcate durante l’infanzia e mai rimesse in discussione fino a quel momento. Insegnanti e animatori hanno qui un ruolo di "agitatori", per suscitare, incitare, eccitare, provocare, invitare a un approccio personale. L’obiettivo è crescere, accettare uno sgretolamento delle proprie certezze comode.
Sono formazioni che chiamano in causa l’essere, la capacità di relazionarsi, ma il loro rischio è quello di essere del tutto inadeguate per chi non ha già delle basi di fede.
5.1.2 Rispetto delle differenze
Il livello di rispetto delle differenze è uno dei criteri che permettono di distinguere un modo di funzionamento di tipo settario da un funzionamento sano. In numerosi gruppi si può chiaramente constatare un rifiuto dell’alterità.
In Focolare, c’è una forte incitazione a fare quello che fanno tutti: «L’ottavo grado di umiltà consiste nel fare quello che fanno tutti». L’esigenza di unità, finanche all’unità di pensiero, generando un seguire mimetico, è estremamente forte, normativa. È del tutto inconcepibile per un membro del movimento opporsi all’altro. Non è possibile alcuna alterità nell’ideale dell’unità!
5.1.3 Libertà di dialogo
In una congregazione religiosa classica, le modalità di funzionamento interne sono non di rado oggetto di critiche. Il consiglio che si dà è allora quello di «dire ciò che va detto, a chi di dovere, a chi è in grado di capirlo e di agire». Ciò denota un’assunzione di responsabilità della persona e una vera libertà di espressione.
In Focolare, dove non è possibile alcuna forma di autocritica all’interno del movimento, colui che esprime una critica si sente subito colpevole. Quindi non si può affrontare alcun argomento che rischi di spezzare l’unità. L’esigenza di unità di pensiero esacerba ancor di più sia il senso di colpa derivante dall’avere un’opinione diversa da quella del gruppo, sia il rifiuto da parte del gruppo di colui che osa esprimersi in modo diverso.È quindi impossibile esprimere una critica sulle modalità di funzionamento interne del movimento. Diventa molto difficile prendere le distanze, assumere uno sguardo critico, senza sentirsi in colpa.
E la cosa è talmente intrinseca a questo modo di funzionamento, che i membri del movimento non si rendono nemmeno conto dell’omertà che ne deriva. Perfino quando la responsabile dice: «Se qualcuno critica, vado subito a “grattare” per verificare», tutti considerano la cosa normale, dal momento che l’ideale è di «fare unità». Quindi ognuno se ne sta zitto e si eclissa, facendosi piccolo dinanzi ai suoi responsabili o meglio, ovviamente, ciascuno «fa unità»!
Una persona consacrata, di oltre settant’anni, che aveva lei stessa vissuto grandi difficoltà relazionali nel corso della sua lunga esperienza all’interno del movimento, ha detto un giorno a una giovane focolarina recalcitrante: «Non devi dire quello che pensi». La comunità, che era presente e che ha sentito questo consiglio più che sorprendente, non ha reagito. Paura del gruppo? Tacito accordo?
Se un membro che vive in comunità comincia a esprimere delle critiche viene messo in disparte, lo si costringe a trovare un alloggio in città (allontanamento geografico), vive ormai all’esterno della comunità, spesso ufficialmente «per motivi di salute», e non è più autorizzato – tranne in occasione delle grandi riunioni alle quali partecipa ancora – a condividere il pasto della comunità, anche se è stato lui a prepararlo.
Quando qualcuno lascia il Focolare, la notizia non viene fatta trapelare all’interno del movimento, non viene divulgata nel suo bollettino interno (contrariamente alle congregazioni religiose che possono avvalersi di comunicati interni per dare informazioni relative ad eventuali partenze), né alle persone che frequentano la comunità e che possono scoprire che una persona ha lasciato il movimento semplicemente incontrandola per strada qualche anno dopo.
Per esempio, in seguito alla partenza di una consacrata del movimento, tutte le altre consacrate hanno ricevuto questo ordine esplicito: «Non pronunciate più il nome di XXX»; non nominarla nemmeno più, «per rispetto nei suoi confronti». Non le si scriverà più per farle gli auguri di buon compleanno, «perché altrimenti soffrirebbe troppo».
Un’altra consacrata che aveva deciso di lasciare il movimento aveva cominciato lei stessa ad informare i membri di varie comunità della sua decisione. La responsabile nazionale del movimento le ha allora chiesto di tacere, soggiungendo: «Chiederò ai membri interni del movimento di riferirmi tutto ciò vi siate potuti dire».
«Ti scriverò», avevano detto alcune persone della comunità nel momento in cui una consacrata si accingeva a partire. Quelle che avevano il nuovo indirizzo non hanno scritto, mentre le altre l’indirizzo non l’hanno forse mai ottenuto o nemmeno chiesto.
5.1.4 Parlare solo in bene - Omertà
In Focolare, durante i momenti di condivisione in comunità, viene esplicitamente chiesto di parlare solo in bene: chi vuole condividere una sofferenza deve poterne offrire i frutti.
5.2 Il movimento è focalizzato sul proprio sviluppo?
5.2.1 Proselitismo
Molti giovani movimenti conoscono oggi un’espansione fulminea, dovuta forse alle loro qualità intrinseche, ma anche a un’opera di proselitismo molto ben organizzata e alla quale i loro membri non possono fare altro che aderire. Non si tratta di «offrire Dio» a quanti ne sono lontani? Ma dove si colloca il confine tra evangelizzazione e proselitismo?
Uno degli aspetti a cui fare attenzione può consistere innanzi tutto nel valutare se questi movimenti portano le persone a Dio o al loro stesso gruppo.
Uno degli scopi perseguiti dai Focolarini è quello di massimizzare le nuove reclute. I Focolarini non hanno vita sociale. Ogni relazione umana è considerata come l’occasione per «lavorare» una potenziale recluta. Infatti, fin dagli albori del movimento, uno degli slogan dei primi membri era: «Nessun giorno senza un’anima». In questo movimento, l’apostolato, pur partendo da una buona intenzione (far conoscere Dio, o perlomeno «l’Ideale», al maggior numero possibile di persone), è distorto da una volontà di efficienza (le statistiche dei membri del movimento devono essere in costante crescita), e non si aspetta alcuna forma di reciprocità (per esempio, i membri del movimento vanno a portare «l’Ideale» nelle congregazioni religiose, ma non si interessano alla storia dei fondatori di queste congregazioni, ecc.).
Ogni anno, il collettivo del movimento elabora delle statistiche su tutti i membri interni, gli aderenti e le persone schedate. Un/a responsabile non può permettersi di presentare statistiche in calo alla sua gerarchia: deve giustificare tutte le diminuzioni degli effettivi (tale persona si è trasferita...), e tenderà a gonfiare le cifre, aggiungendo per esempio al «grappolo» di ciascuno (gruppo di persone «coltivate» dal membro del movimento) tutti i membri della sua famiglia.
Così, un giorno, un responsabile di comunità locale riceve una chiamata da Parigi: «Ti chiamo per conto della responsabile nazionale. Cos’è successo rispetto alle cifre dell’anno scorso? C’erano dieci persone registrate in quel posto, che fine hanno fatto?» Risposta immediata, senza nemmeno posare il telefono: «Sì, mi sono sbagliata, puoi reinserirle...».
I membri sono anche incitati ad abbonare quante più persone possibile alla rivista del movimento: si tiene il conto del numero di abbonamenti sottoscritti da ciascuno. Nel questionario di ammissione dei candidati alla vita consacrata, una domanda chiede: «Quante persone hai conquistato all’“Ideale”?» (vale a dire quante persone hai fatto entrare nel movimento?).
5.2.2 Metodi di evangelizzazione
Alcuni movimenti hanno metodi di evangelizzazione molto strutturati, e che cominciano con l’evangelizzazione nel luogo in cui si vive. In Focolare, il metodo di evangelizzazione consiste nel «farsi uno»: interessarsi all’altro, ascoltarlo…
Ognuno «coltiva» il «grappolo» di persone che gli sono state affidate. Alcune di queste persone vengono «prese di mira» per l’evangelizzazione, oppure portano l’etichetta di «lontani» (lontani dalla fede)...
5.2.3 Strumenti di apostolato (audio, video...)
Alcuni movimenti fanno largo uso delle tecnologie moderne per le loro attività di apostolato e di formazione.
Gli incontri dei Focolarini si limitano spesso a registrazioni audio o video, registrazioni di discorsi della fondatrice, senza commento né discussione possibile, e ad esperienze di vita di membri del movimento presi come esempio, sempre senza possibilità di dibattito.
La discussione intellettuale non è nemmeno presa in considerazione, perché raccomandano di «tagliarsi la testa».
È sintomatico quanto riferito da una religiosa dopo il suo primo contatto con i Focolarini : «All’inizio, quando sono entrati in contatto con la mia congregazione, ho provato un’avversione, non mi è piaciuto il loro modo d’imporsi. Poi sono andata a uno dei loro incontri. I Focolarini ci sanno fare, mettono in campo tutti i mezzi (video...). Allora li ho invitati a intervenire in parrocchia». E quindi, utilizzando la conferenza telefonica multiplex con tutti i paesi del mondo in cui sono presenti, e facendosi sponsorizzare per la diffusione in diretta via satellite dei loro grandi raduni, danno un’immagine di sé dinamica e alla moda, e cercano di reclutare nuovi adepti.
5.2.4 Schedari
Uno degli strumenti di base dei movimenti che cercano di fare proseliti è la gestione di schede nominative.
I Focolarini distinguono i membri interni, gli aderenti, e coloro che vengono «presi di mira».
Ogni persona che entra in contatto con i Focolarini viene immediatamente schedata e aggiunta all’enorme schedario gestito da ogni comunità: «Non perdete nessuno!». Conservano l’indirizzo di tutte le persone che hanno partecipato agli incontri organizzati dal movimento, anche a costo di andarli a cercare sull’elenco telefonico o – cosa illegale – a partire dall’indirizzo che compare sugli assegni.
Il/la focolarino/a rende conto ogni sera delle persone che ha incontrato nel corso della giornata. Lo slogan del passato viene spesso ricordato oggi: «Nessun giorno senza un’anima»... e se possibile il suo indirizzo. Ci sono schedari che contengono centinaia di persone, con a volte dei commenti sul loro cammino spirituale, la vocazione alla quale il movimento potrebbe chiamarli al suo interno... Dopo i grandi incontri si scrive un commento sulla scheda di ogni partecipante, per poi trasmetterlo alla più vicina comunità, affinché questa «segua» la persona. Ci sarebbe da chiedersi se questo comportamento è coerente con la legge francese «Informatica e Libertà» relativamente alla gestione delle schede nominative, siano esse su supporto elettronico o cartaceo.
5.3 Non c’è tempo per relazioni gratuite fuori dal movimento
Nei gruppi che insistono molto sull’apostolato, in cui le riunioni si susseguono a ritmo serrato e i cui membri hanno poca libertà nella gestione del proprio tempo, tutto il tempo viene consacrato al movimento. Tutti i membri dei Focolari sono pregati di assistere ai grandi incontri del movimento, senza dimenticare tutta una panoplia di incontri regolari a livello locale. La conseguenza di questo ritmo sostenuto di riunioni e di questo proselitismo a dosi massicce è che i soli contatti dei membri del movimento hanno lo scopo di «conquistare anime»: fatta eccezione per i loro colleghi di lavoro (e solo per i consacrati che non lavorano all’interno del movimento), i membri sono del tutto estranei a una vita sociale normale. I membri del movimento, dal canto loro, non ne soffrono direttamente, ma le loro famiglie sì, perché non vedono più la persona catturata dal movimento. Il solo momento in cui è la persona stessa a soffrirne è se ha intenzione di lasciare il gruppo, perché allora non ha più nessuna rete di relazioni, nessun appoggio esterno, compresa la famiglia, che ha trascurato troppo.
5.4 Storia della fondazione
Ogni movimento, gruppo religioso o congregazione, specialmente se nato da un fondatore con una personalità marcante, ha una storia della fondazione, che ama raccontare.
In Focolare, ognuno conosce a memoria «la storia dell’Ideale», e ognuno è in grado di raccontarla nei dettagli, fin dalla più tenera età: ai bambini piccoli, infatti, la storia viene mostrata in diapositive o cantata in canzoni...
Nella storia sono inclusi gli eventi fondatori. Si racconta quindi di come, mentre Chiara andava a prendere una bottiglia di latte, d’inverno, quando faceva freddo, (la futura fondatrice) ha sentito Dio che le diceva: «Dammi tutta la tua vita»... Un giorno, ancora bambina, è svenuta davanti all’ostia durante l’adorazione del Santissimo Sacramento...
Il movimento ha le sue date, i suoi anniversari, a cominciare da quello della consacrazione della fondatrice a Dio (il 7 dicembre 1943) è in questa data anniversario che ha luogo ogni anno uno dei raduni internazionali dei consacrati, in cui loro stessi pronunciano o rinnovano i voti.
La festa di santa Chiara, di cui la fondatrice ha scelto di portare il nome, sostituendolo al suo nome di battesimo (Silvia), è l’occasione di grandi festeggiamenti nel movimento in tutto il mondo, e con particolare riguardo nei confronti della fondatrice.
I luoghi legati alla fondazione, in cui sono trascorsi i primi tempi del movimento, sono a volte meta di viaggio di formazione per i consacrati: è l’unico viaggio (qualche centinaia di chilometri) che compiono eventualmente questi futuri consacrati nei due anni di formazione (da Loppiano a Trento).
5.5 Immagine che il gruppo vuole trasmettere, dall’esterno
Le presentazioni che le comunità fanno di loro stesse, o in videocassetta, o sotto forma di libro, offrono un volto particolarmente levigato: un’oasi di fraternità e di libertà. Niente violenza né crisi. Una sorta di perfezione attestata dallo sviluppo e dalle realizzazioni continue di queste comunità, che sottolineano la benedizione divina a chi è disposto a vederla.
Un’immagine particolarmente «edificante» e armoniosa che lascia intravedere uno spiraglio di paradiso.
5.6 Modalità di funzionamento preconciliari
Talvolta si nota che questi movimenti, relativamente giovani, non avendo necessariamente conosciuto al proprio interno la svolta del Concilio Vaticano II, o perché non esistevano ancora, o perché erano appena nati e quindi non si sono sentiti rimessi in discussione dal Concilio, ricadono nei difetti che aveva la Chiesa prima del Concilio.
Nato poco prima del Concilio, il movimento dei Focolari non ha ritenuto utile rimettersi in discussione, mentre tutta la Chiesa e le congregazioni religiose hanno seguito la svolta del Vaticano II. Ecco allora che in questo movimento si ritrovano pratiche oggi abolite in numerose congregazioni (posta personale in arrivo e in partenza letta dalla responsabile, pochi contatti con la famiglia, perfino per le vacanze...).
La fondatrice, divertita, si stupisce perfino del fatto che i giovani d’oggi accettino con entusiasmo pratiche che sembrano antiquate agli occhi dei loro stessi genitori. E il movimento riutilizza immagini del medioevo, ad esempio quelle di animali per spiegare i sette vizi capitali ai bambini.
Li si rappresenterà con disegni, marionette. La seguente descrizione, che ironizza su certe pratiche dell’anteguerra, si applica perfettamente a questo genere di illustrazioni: ecco i peccati capitali freschi come nel Quattrocento. Secondo la vecchia credenza che identifica i grandi vizi con certi animali, reperibile in buona parte dell’iconografia cristiana del peccato, il padre mostra il pavone della superbia, il capro della lussuria, il maiale della gola, la tartaruga dell’accidia, la tigre dell’ira, la vipera dell’indivia e il rospo dell’avarizia; le sette bestie circondano un diavolo alato, cornuto, munito di artigli, con un forcone a mo’ di scettro...4
5.7 La setta? Il ghetto?
In Focolare, come già detto, i legami familiari e locali sono molto limitati. I membri non hanno tempo per nessun’altra cosa al di fuori del movimento. Non possono far visita alle loro famiglie se non in occasioni molto particolari (matrimonio di un fratello...), anche se la famiglia abita nella stessa città. Trascorrono le vacanze con altri membri del movimento. Le relazioni locali sono coltivate solo se in grado di «portare frutti» sul piano apostolico. Non c’è tempo per relazioni «gratuite».
Anche il lessico è rivelatore: ci sono i «membri interni» e il «mondo».
Hanno chiaramente un «linguaggio della tribù (linguaggio in codice)»: il movimento ne è consapevole, almeno in Francia, e cerca di non utilizzare questo linguaggio nella sua rivista destinata al «largo» (grande pubblico). Quindi, «Gesù in mezzo» diventa «Gim», Gesù Abbandonato diventa «GA»... Quando lo si declina in tutte le salse diventa una «GA-ite»...
Anche i libri disponibili in Focolare sono estremamente limitati: ad ogni modo i consacrati non hanno tempo per leggere, eccetto forse durante le vacanze estive, quando possono leggere ad esempio un libro pubblicato dalla casa editrice del movimento. Le comunità sono abbonate soltanto alla rivista del movimento. L’apertura al mondo esterno è quindi assai limitata.
Per concludere
Lo scopo di questa raccolta non è tanto quello di denunciare le pratiche dei Focolarini, ma di mettere in guardia gli stessi membri di questo movimento circa i rischi che corrono, molto spesso senza rendersene conto.
Per quanto riguarda le strutture ecclesiali, la perfezione non esiste, così come non esiste a livello personale. L’importante è essere al corrente dei rischi, non chiudere gli occhi ma piuttosto osare e parlarne esplicitamente all’interno di ogni struttura: il primo grado di libertà è già acquisito nel momento in cui tali argomenti possono essere affrontati e discussi nella comunità.
È l’augurio che faccio a tutte le persone che conosco, che fanno parte del movimento dei Focolari, e che forse oggi soffrono a causa di una o l’altra delle derive settarie descritte nel presente documento.
Per una prospettiva più ampia e un’analisi più completa rimando a questo mio ulteriore approfondimento in lingua francese.
1. P. Stanislas Lalanne, portavoce dell’episcopato, a Famille Chrétienne, n. 11773, 6.7.2000, p. 8.
2. Teresa di Lisieux, Manoscritti autobiografici, p. 83.
3. Marie Balmary, La divina origine, EDB, 2006.
4. Guy Bechtel, La chair, le diable et le confesseur, PLON, p. 42.
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