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L’empatia? Tutta per i carnefici

News pubblicata il 4 febbraio 2023 • Testo di Redazione Oref

Che cosa raccontano del Movimento dei Focolari i commenti su Facebook da parte di chi ne sostiene la spiritualità? Qual è la prima reazione al lungo report sugli abusi stilato in occasione del Sinodo 2021-2024? Dopo aver letto quel catalogo di orrori e sofferenze, la signora L. M. spiega che il dolore da considerare non è quello delle vittime di quegli abusi, bensì quello patito dai carnefici; nel suo commento mette in discussione la testimonianza offerta da Oref sulla totale assenza di risarcimenti — economici, morali e di pubblico rammarico — da parte dei Focolari, chiedendo:

[...] Come fate a dire una cosa del genere con tanta sicurezza, quando non credo partecipiate o siate coinvolti nell’impresa (durissima non si può negare) nella sincera volontà di riparare e ripartire su basi nuove. Cosa ne sapete degli sforzi, il tempo dedicato il dolore di constatare gli errori, che si portano sulle spalle ma che non coinvolgono sempre direttamente anzi, delle persone interne al Movimento adesso?

Il drammatico scenario raccontato tra le nostre pagine non la sfiora: al termine della lettura, la prima urgenza della signora è stringersi al gruppo e fare quadrato. Oltre al danno subìto per anni, chi ha vissuto sulla propria pelle abusi sessuali, spirituali, psicologici e patrimoniali oggi dovrebbe tacere — e piuttosto riflettere sul “dolore di constatare gli errori che si portano sulle spalle”. Invece di usare l’aggettivo “durissima” per riferirsi alla tribolazione che trasuda dalle esperienze condivise nel report, L. M. lo impiega per riferirsi all’impresa dei responsabili di quel sistema oppressivo.

Le domande rivolte dalla signora sono un concentrato di crudeltà esemplare, perché meglio di qualunque riflessione teorica svelano la sistematicità degli abusi, che proseguono — sugli ex membri — ben oltre la fine dei rapporti in essere con il Movimento, in un lavoro di screditamento e delegittimazione; il commento mette a nudo (e dunque rivela in maniera volgare ed esplicita) ciò che i Focolari tentano di occultare: lo sforzo costante e sotterraneo di mettere a tacere chiunque abbia lasciato il Movimento. Difendere la narrazione a tinte rosa della sua fondatrice, delle sue origini e dei suoi ambiziosi progetti giustifica ogni ulteriore violenza psicologica, agita contro chi svela il lato oscuro di quella esperienza: la struttura è infinitamente più importante delle singole persone, che in nome dell’Ideale possono (anzi, devono) essere annientate. Pare inaccettabile l’idea che il mondo non sia ancora una grande Mariapoli, dove si possono raccontare solo le esperienze che mettono in luce le qualità dell’esperienza dell’Ideale — guai a fare parola delle meschinità che covano nel seno del Focolare: ci si trova subito addosso l’accusa di “voler distruggere” e di non mettere in luce il positivo.

Così si spiega l’invito a provare empatia per i carnefici; un invito che esaurisce il commento della signora, invece di arrivare — con la contrizione che ci si aspetterebbe — al termine di una lunga riflessione (al limite critica) dei supplizi patiti per colpa di meccanismi sfuggiti di mano alle gerarchie del Movimento: non c’è una parola di solidarietà, non un cenno di vicinanza emotiva con chi è rimasto stritolato da una struttura che parlava di Paradiso e nascondeva dinamiche infernali.

L’inversione tra vittima e carnefice e l’espressione di una vicinanza emotiva a quest’ultimo sono frutti di una profonda confusione sul piano etico, spirituale e psicologico, spesso alimentata dal modo in cui la cronaca racconta la società, reiterando i peggiori stereotipi; un esempio particolarmente infame riguarda molte cronache di femminicidi, che invitano chi legge a immedesimarsi nel povero uomo che ha esploso un colpo perché portato all’esasperazione da una donna che avrebbe fatto meglio a restare al suo posto. Come nel caso del commento su citato, in un nauseante capovolgimento il carnefice è celebrato come vittima e chi finisce sotto i suoi colpi passa per chi quegli abusi se li è cercati (e forse addirittura meritati). La spontaneità con cui si reagisce in questo modo alle nostre denunce è una testimonianza limpida della natura più profonda dei valori promossi dal Movimento dei Focolari e della sconvolgente distanza tra l’afflato originario dell’Ideale e i miserabili esiti morali di quel programma.

Anche noi faremmo meglio a restare al nostro posto, invece di raccontarci? Alla signora L. M. rispondiamo che quello che stiamo occupando è esattamente il nostro posto, e se solleviamo la nostra voce contro gli abusi è soprattutto per una categoria di persone che sta molto peggio di noi: ci riferiamo a chi fa ancora parte del Movimento, ha letto il nostro report e ha annuito dalla prima all’ultima riga, riconoscendo ciascuno dei dettagli da noi riferiti; persone ancora invischiate in quegli abusi, che non hanno ancora avuto la forza o le risorse (economiche, psicologiche e spirituali) per allontanarsene. Sono le nostre uniche interlocutrici, le vere vittime del Movimento, cui continuiamo a porgere la mano, ripetendo che un’altra vita è possibile — anche se la strada che vi conduce può sembrare tortuosa e piena di incognite. Il commento della signora L. M. serve anche a intimidirle, alludendo al fatto che — fuori dai confini del Focolare — su di loro si scatenerà un’impietosa campagna di biasimo. Noi, che allo status di vittime preferiamo quello di sopravvissute, siamo la prova vivente che esiste una via d’uscita e che da quella tempesta ci si può salvare collettivamente.

Troviamo irrilevante che i membri del Movimento trascorrano parte del loro tempo a struggersi per gli abusi commessi, in un ripiegamento ombelicale che non ha alcun esito concreto sulla vita che si svolge fuori dai recinti delle cittadelle. In particolare, tutta la sofferenza che si vive tra i sedili in pelle di una Mercedes ci colpisce “il giusto” — per usare un’espressione toscana che a Loppiano capiranno bene; specie dal momento che la pelle usata per foderarli è la nostra.

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