Chiara Lubich e l’aberrazione dell’ideale dell’unità
News pubblicata il 6 agosto 2023 • Testo di Pierre Vignon
L’unità è un bellissimo ideale che tutti hanno sempre cercato. Il Salmo 121 cantava la gioia di salire al Tempio di Gerusalemme, “città dove tutto è uno”. E Gesù, prima di vivere in modo positivo la sua morte, senza pensare a se stesso, ma ai suoi apostoli, affidò loro la profondità del suo cuore: “Che tutti siano uno”.
Da allora, molti hanno seguito le sue orme promuovendo una spiritualità dell’Unità. Il Concilio Vaticano II (1962-1965) presenta la Chiesa citando San Cipriano (+258):
Un popolo che trae la sua unità dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
È vero, è buono, è bello. Con la precisione essenziale di tener conto dell’alterità, e quindi della diversità, all’interno dell’unità. Riprendo la bella formulazione con cui il giovane domenicano David Perrin l’ha detto in un’omelia dell’anno scorso:
Il Padre e il Figlio sono certamente uno nell’altro, ma non sono indistintamente l’uno o l’altro, l’uno e l’altro. Altro è il Padre, altro è il Figlio, ma non sono altro.
Questo è uno dei fondamenti della fede cristiana che la Chiesa ha individuato nel corso dei secoli meditando sul mistero della Trinità e su quello della vera personalità di Cristo, insieme umana e divina. Il Concilio di Calcedonia (451) ne ha stabilito i termini definitivi. Bisogna tenere l’insieme “senza confusione... o divisione”.
A metà del secolo scorso, la Chiesa ha assistito all’emergere di un movimento che ha attirato folle di cristiani e che la gerarchia si è affrettata ad accogliere: il Movimento dei Focolari fondato dalla celebre (e celebrata) Chiara Lubich (+2008). La bellezza dell’Unità era in testa alle proposte. Era favolosamente attraente.
Ma ecco che un teologo con più occhi dei vescovi e dei cardinali, il gesuita padre Jean-Marie Hennaux, ha trovato una falla in questo bellissimo insieme, una faglia degna di Sant’Andrea, che potrebbe inghiottire l’intera California. La chiama Unità per assorbimento.
Solo alcuni stralci di una lettera scritta da Chiara Lubich il 23 novembre 1950 danno un’idea della gravità della falla nella gondola che finirà per affondare la bella testa di prua dell’Unità:
Ogni anima dei Focolari deve essere espressione di me e di nient’altro... Il loro atteggiamento davanti a me deve essere un nulla d’amore che chiama il mio amore... Se sono differenti, le abbandono... L’Unità è dunque Unità e una sola anima deve vivere: la mia, cioè quella di Gesù tra noi, che è in me.
Come hanno fatto i massimi responsabili della Chiesa a non accorgersi di questa eresia? Non lo so. Senza dubbio è come per tutti gli altri grandi movimenti spirituali i cui difetti sono stati messi in luce da quando sono stati coinvolti i Legionari di Cristo, e la cui lista continua a crescere. Stanno affondando uno dopo l’altro.
Eppure è semplice. Il rimedio sta nella Tradizione: unità sì, ma senza confusione o separazione. Lo Spirito Santo, che ha sempre la soluzione, aveva già dato la risposta: è Lui che crea l’unità nella diversità e a partire dalla varietà.
La fagocitosi è buona e utile solo in biologia. Nella spiritualità, “l’unità per assorbimento” è una mostruosità teologica che causa danni irreparabili.
Nessun cristiano può fare sua l’espressione del cavaliere di Hadoque ne Il tesoro di Rackham il Rosso nelle Avventure di Tintin di Hergé:
Que le grand Cric me croque !
[“Che il grande Cric mi morda!”]
Questa esclamazione è solo per i pappagalli della foresta, solo loro possono trasmetterlo lungo i secoli.
Fonte: Pierre Vignon, “« L’unité par absorption », un péril pour la beauté de l’Unité”, SOS discernement, 28.7.2023; traduzione italiana a cura della Redazione di Adista, 6.8.2023.
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