Tutela legale

Conclusione

Chi sceglie di aderire ai Movimenti ecclesiali, lo fa volontariamente, e certamente in modo autonomo, spinto da un’esigenza di forte religiosità e dal bisogno di dar senso alla propria esistenza. Ciò, naturalmente, non vale nei casi di bambini/bambine, che vengono indotti ad entrare e a condurre, fin da giovanissimi, modalità di vita “vocazionale”, che solo una persona adulta è in grado di scegliere per sé stessa.

Le comunità parrocchiali spesso non hanno una modalità coinvolgente di proporre la fede e, pertanto, chi è più sensibile o orientato ad un percorso radicale di spiritualità, si affida completamente a quanto proposto. All’interno dell’esperienza, poi, si realizza una sorta di controllo mentale, generato dai comportamenti uniformati, caratteristici dei movimenti carismatici, che, anche se in modo implicito, sono imposti a tutti e a cui nessuno può sottrarsi, se vuole rimanere affiliato.

L’adesione, quindi, non è determinata da mancanza di consapevolezza o da fragilità delle persone, ma dalla spinta interiore di seguire un cammino di piena realizzazione umana, per cui non viene messo in discussione il metodo di vita e il carisma. Nell’abbracciare l’esperienza, si è costretti in modo inconsapevole alla rinuncia della propria coscienza critica, senza possibilità di manifestare alcun tipo di dissenso, e ci si autoconvince che tutto sia buono e fonte del carisma. Tuttavia, a lungo andare, moltissimi hanno sviluppato tensioni interiori, crisi di coscienza, depressione, forte stress, esaurimento. Sono molte le testimonianze in questo senso, che non dovrebbero essere sottovalutate né considerate come espressione di comportamenti devianti dalla “via maestra di santificazione”.

Questa riflessione, che si basa su un’analisi esperienziale, lucida e veritiera, nasce come contributo ad un cambiamento auspicabile, che purtroppo non può svilupparsi dall’interno dei movimenti o degli ordini religiosi, ma deve essere suscitato da chi ha sofferto tali abusi, cioè dalle vittime fuoriuscite oppure da quelle ancora prigioniere del sistema, ma coscienti degli abusi, che non hanno tuttavia la possibilità di “liberarsi” concretamente, per il timore di sentirsi in errore o in contrapposizione ai valori legati alla scelta fatta, che coinvolge in modo pervasivo la loro vita, o più semplicemente perché sanno che, allontanandosi dalla comunità, soprattutto in età avanzata, non disporranno di alcuna risorsa per continuare a vivere in modo dignitoso, sia dal punto di vista sociale – apparendo come “disadattati”, o comunque non essendo più in grado di vivere in modo autonomo nel “mondo normale” -, sia dal punto di vista economico, essendo loro precluso l’accesso al lavoro, o non potendo riscuotere dal movimento quanto maturato con il loro lavoro.

Poiché la struttura dei Movimenti ecclesiali e degli ordini religiosi è estremamente rigida e non prevede nessun cambiamento democratico e condiviso, i problemi riportati nel presente documento non potranno mai essere compresi dai membri interni, soprattutto da quelli ai vertici, perché troppo formattati e succubi del sistema.

Ecco perché è indispensabile un intervento esterno da parte delle istituzioni ecclesiastiche e civili, sia a livello nazionale che internazionale.


Testo di Martina Castagna, Luigi Corvaglia, Paolo Florio, Guido Licastro, Maurizio Montanari, Emanuela Provera, Federica Roselli, Cecilia Sgaravatto e Monique Van Heynsbergen, tratto da Riflessioni giuridiche ed etiche sull’esperienza di adesione alle famiglie religiose e ai movimenti ecclesiali della Chiesa Cattolica. Giustizia e tutela dei diritti nella vita delle comunità ecclesiali (febbraio 2023).

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