Tutela legale

3. Analisi delle testimonianze

Nei racconti degli aderenti fuoriusciti si ritrovano molteplici elementi comuni, che denotano la presenza di derive settarie nelle comunità e nei movimenti religiosi.

Sono state raccolte numerose testimonianze di atteggiamenti vessatori da parte dei superiori nei confronti dei sottoposti in una struttura gerarchica ingessata e rigida, con la conseguente sensazione di non poter esistere autonomamente, di essere annientati, di perdere la propria autenticità, di essere indottrinati e manipolati. Le esperienze condivise hanno fatto emergere un problema generalizzato di grave prevaricazione, che si configura, in termini giuridici, come violenza psicologica e violazione di diritti umani.

Gli esempi più citati sono i seguenti:

• L’atteggiamento nei confronti del fondatore, l’enfasi eccessiva e la diffusione di miti sulla sua persona, che rasenta l’idolatria, come aver ricevuto rivelazioni divine segrete, e l’obbligo di pregare servendosi delle sue parole.

• L’obbedienza cieca ai superiori, l’obbligo di applicare regole e dogmi in modo asettico, un iper-controllo da parte delle autorità sulla vita dei singoli e della comunità, il controllo sociale, l’omogeneità totale, la selezione arbitraria di chi può partecipare alla vita comune e di chi invece è relegato ad attività secondarie.

• La ripetizione costante dei dogmi, l’indottrinamento e il rifiuto obbligatorio di qualsiasi altra concezione, considerata come eresia da purificare; lo statuto inviolabile; le imposizioni da parte dei superiori derivanti dalle categorie di pensiero del carisma.

• Un linguaggio di tipo gergale, incomprensibile per le persone del mondo esterno.

• Lo sfruttamento e l’alimentazione della paura di essere giudicati, di pensare in modo autonomo, di abbandonare l’opera.

• L’alimentazione di false speranze, la visione positiva della vita, che impedisce di accogliere difficoltà e fallimenti; l’utopia della santità come perfezionismo.

• La manipolazione delle coscienze, l’usurpazione del ruolo di Dio, la violazione della libertà di coscienza, dell’intimità; il divieto di scegliere il proprio direttore di coscienza, la distorsione dei principi evangelici assoggettati ai valori del carisma; preghiere autosuggestive.

• Lo sfruttamento delle persone, lo schiavismo (fino al crollo psichico), il ritmo di vita estenuante, con conseguenti depressioni e malattie mentali.

• L’impossibilità di esprimere riflessioni personali e di dedicarsi ad attività diverse da quelle stabilite dalle decisioni dei superiori o dalle attività previste negli schemi dell’Opera.

• Il distacco obbligato dal mondo, dalla famiglia, dagli amici, l’obbligo di rompere ogni legame precedente, il divieto di scegliere le proprie amicizie, di avere contatti esterni.

• Il fanatismo, la burocratizzazione della vita spirituale, la dissimulazione del vero stile di vita dei superiori, i discorsi paranoici.

• La supremazia del carisma rispetto alla comunità parrocchiale di riferimento, in una prospettiva di autoreferenzialità che impedisce il dialogo con altre esperienze ecclesiali.

• L’importanza attribuita al denaro e l’attaccamento esagerato ad esso, le pressioni esercitate per donarlo, per raccoglierlo; l’obbligo di donare il proprio stipendio; l’obbligo di fare testamento firmato per il lascito di tutti i propri beni all’Opera o a società ad essa collegate, le spese di lusso solo per i superiori, i rimproveri per spese minime dei membri.

• La donazione totale dei beni personali all’Opera senza avere voce in capitolo sull’utilizzo, e senza poterne valutare la destinazione e l’impiego in modo trasparente.

• La gestione dei centri, che svolgono attività commerciali, senza rispetto delle regole previste dall’ordinamento giuridico.

• L’assenza di un bilancio trasparente, condiviso e approvato dai membri.

• Lo sfruttamento del lavoro senza previdenza sociale né copertura per gli infortuni.

• La mancanza di sostegno in caso di fuoriuscita dalla struttura, con conseguente rischio di indigenza, per aver donato stipendi e beni durante la permanenza.

• Proselitismo forzato e programmato.

• Allontanamento delle persone, che non accettano la totale sottomissione ai dogmi, attraverso un rifiuto morale e l’isolamento rispetto al gruppo di riferimento.

• Discriminazioni contro persone LGBTQ con l’uso indiscriminato di metodi pseudo-scientifici per “curare” i diversi orientamenti sessuali.

• Controllo della sessualità e in generale, per alcuni membri, divieto perpetuo di viverla.

• L’uso di punizioni psicologiche o fisiche.

• La reclusione nei centri di spiritualità per persone con difficoltà emotive.

• Violazione e divieto di libera corrispondenza.

• Censura di libri e mezzi di comunicazione (televisione, internet, ecc.).

• Divieto di gestione autonoma del denaro.

• L’imposizione di cure farmacologiche per fronteggiare problemi di depressione, senza cogliere la reale essenza delle difficoltà, dovute invece ad una situazione di vita debilitante ed estenuante.

• Imposizione dei dogmi della chiesa ai consacrati, anche sposati, sul valore della sessualità o della fertilità, per es. il divieto di aborto anche in situazioni di rischio per la donna.

• Imposizione di scelte professionali decise dall’alto, senza tenere conto del titolo di studi conseguito o dei desideri personali.

• Condizionamenti e interferenze nelle scelte personali affettive.

• Violazione del diritto di libertà di pensiero, ma anche violenza privata (art. 610 c.p.), in quanto la manipolazione genera piena sottomissione psicologica dei membri in tutti gli ambiti della loro vita.

• Suicidi indotti da una vita nevrotica, che non permette di gestire le difficoltà emotive.


Testo di Martina Castagna, Luigi Corvaglia, Paolo Florio, Guido Licastro, Maurizio Montanari, Emanuela Provera, Federica Roselli, Cecilia Sgaravatto e Monique Van Heynsbergen, tratto da Riflessioni giuridiche ed etiche sull’esperienza di adesione alle famiglie religiose e ai movimenti ecclesiali della Chiesa Cattolica. Giustizia e tutela dei diritti nella vita delle comunità ecclesiali (febbraio 2023).

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