Testimonianze

L’abuso spirituale e la monaca di Monza

UN EX-FOCOLARINO

Tutti gli elementi tipici di forme di abuso spirituale ritengo siano bene espressi nel celebre racconto manzoniano della “monaca di Monza”. Provo ad estrapolarli:

1) L’indottrinamento ricevuto fin dall’infanzia che la migliore strada possibile per lei sarebbe stata quella del convento;
2) I tentativi di ribellione della giovane Gertrude in età adolescenziale;
3) Le tecniche persuasive da parte del padre (e non solo) configurabili come “lavaggio del cervello”;
4) La mancata possibilità di cercare liberamente la propria strada;
5) I sensi di colpa;
6) Il cedimento;
7) Le successive trasgressioni durante la vita in convento.

Ora, possiamo definire questa figura come “debole” o “vulnerabile” per cui l’abuso sarebbe anche da ricondurre a una sua personale fragilità?

Dal racconto traspare piuttosto un altro elemento e cioè il confronto impari fra chi esercita l’autorità (il padre, nel racconto manzoniano) e chi questa autorità la subisce. Ovvero fra l’abusatore spirituale e l’abusata. E” intorno a questo dislivello e a questo confronto che si svolge tutta la vicenda umana di Gertrude.

La mia esperienza

Se ripenso all’esperienza giovanile vissuta nel Movimento dei Focolari non posso non evidenziare come tutti questi elementi, in forme diverse, siano stati presenti nel percorso che mi ha poi portato alla vita di focolare. Cito alcuni elementi che hanno segnato questo mio percorso:

1) Le mie forti perplessità iniziali sul fatto che qualcuno dovesse dirmi quale fosse la volontà di Dio su di me;
2) Il successivo cedimento a un modo nuovo di pensare nel quale dovevo “buttarmi” senza “ragionare troppo” e anzi “tagliandomi la testa”;
3) Gli incontri formativi e i congressi da cui si tornava con la convinzione che la migliore strada possibile per me sarebbe stata quella della donazione totale a Dio;
4) I tentativi — falliti — per convincere i miei responsabili che non ero fatto per quella strada;
5) I sensi di colpa sempre più insistenti davanti alle certezze che i miei responsabili mostravano di avere nei miei confronti sulla mia vocazione;
6) Il cedimento;
7) La verifica, fatta a distanza di anni, che tutto in me diceva che ero fatto per un’altra strada.

L’abusatore spirituale…

Come nel racconto della monaca di Monza, ci troviamo di fronte a due soggetti: chi subisce l’abuso spirituale e chi invece lo compie. Nel romanzo viene più in evidenza la figura di Gertrude, ovvero di colei che è vittima di abuso mentre il padre, che ne è il vero autore e protagonista, rimane sullo sfondo. Ritengo invece che sia più giusto concentrarsi soprattutto sulla figura dell’abusatore per il semplice fatto che… senza l’abusatore non ci sarebbe l’abusato!

Chi erano allora queste persone da cui ho personalmente ricevuto questo indottrinamento? Non una singola persona. In tal modo il Movimento si salverebbe giustificandosi con la presenza di qualche “mela marcia” di cui non ci si era accorti.

In realtà l’indottrinamento era “corale” e quindi insito nel sistema e nella struttura del Movimento che, nell’attuare le idealità evangeliche, ha dato vita a un metodo educativo che ritengo per certi aspetti abusatore.

…e l’abusato

E veniamo a chi l’abuso spirituale lo ha subìto. È a motivo delle sue fragilità? Direi piuttosto che vada esaminata la condizione impari: da un lato chi, esercitando l’autorità spirituale (peraltro come portavoce di Dio stesso!) possiede un forte ascendente sui suoi adepti; dall’altro lato una persona, più giovane di età ma anche nella formazione spirituale, fortemente influenzata dal suo educatore fino a non accorgersi dell’abuso spirituale in atto.

Nel mio caso, dovevo scegliere se fidarmi dei miei educatori che mi parlavano in nome di Dio oppure dare retta a mio padre che mi diceva “Ti hanno fatto il lavaggio del cervello… Questo Movimento distrugge la famiglia…” o a quella mamma di un gen messa in guardia da una amica: “Fai attenzione a tuo figlio perché questi prendono i giovani per portarseli nel focolare…”.

Non so se nel mio caso sia giusto ed appropriato parlare di fragilità o vulnerabilità. Piuttosto, questo sì, mi mancava la maturità e la lucidità per capire quello che stava succedendo nella mia vita ovvero che altri ne erano diventati i padroni.

Ritengo comunque che non sia questa la questione da risolvere, se cioè ero o meno in condizioni di fragilità o vulnerabilità. Per cui rifiuto categoricamente quell’approccio al problema che concentra l’attenzione essenzialmente su presunte problematiche psicologiche di chi ha subìto l’abuso.

Quale allora l’approccio all’indagine?

Piste di indagine

Nel racconto della monaca di Monza l’autore si concentra sulle vicende di Gertrude mentre il padre esce di scena. Lasciando noi la finzione letteraria per rivolgersi alla realtà, dobbiamo chiederci in che direzione vada affrontata la problematica degli abusi spirituali nella quale troviamo, come già detto, due soggetti: l’abusatore e l’abusato.

Concentrare l’indagine sulla personalità dell’abusato ricercando vere o presunte vulnerabilità psicologiche è un approccio quantomeno fuorviante perché sposta l’attenzione dalla causa all’effetto. In certo modo è un comodo espediente per mettere in primo piano l’abusato facendo uscire di scena, o nascondendo dietro le quinte, colui dal quale l’abuso ha avuto origine o anche, nel nostro caso, per ridimensionare le responsabilità del sistema abusante.

Come già detto, infatti, non ci sarebbe nessun abusato se non ci fossero abusatori. È dunque sulla personalità del protagonista dell’abuso che occorre concentrare l’indagine, e non — rigirando la frittata! — sulla personalità dell’abusato che in tale contesto interessa poco o niente.

Pertanto se si vuole seguire un serio percorso di indagine, è nei contenuti formativi, nell’esercizio dell’autorità, dei metodi educativi sviluppatisi nell’ambito del Movimento dei Focolari che vanno cercati i meccanismi dei tristi e tragici fenomeni di abuso spirituale che si sono sviluppati indipendentemente dalla personalità delle vittime di abuso.

La loro eventuale fragilità o vulnerabilità interessa poco allo stesso modo di come, per fare un esempio, in episodi di bullismo non ha alcuna rilevanza la personalità del bullizzato — che può essere ma anche non essere fragile e vulnerabile — ma unicamente il comportamento prevaricatore dei “bulli”.

È quindi nel comportamento del sistema abusante che occorre concentrare l’indagine se si vuole che tali fenomeni possano essere estirpati alla radice, lasciando in pace le caratteristiche umane e psicologiche di quanti l’abuso spirituale lo hanno invece subìto.

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