Testimonianze

Non siamo noi dal lato sbagliato

MARTA

Sono uscita dal Movimento dei Focolari negli Anni Settanta: da allora è passato abbastanza tempo da aver dimenticato quasi tutto di quell’epoca. Facendo ricorso a tanta resilienza e senso dell’umorismo, mi sono risparmiata i soldi di una psicoterapia.

L’anno scorso mi sono imbattuta in una notizia che metteva i Focolari in cattiva luce e questo mi ha incuriosito: ho voluto approfondire una realtà in cui avevo vissuto per un periodo così lungo della mia vita. Ho potuto leggere e sentire diverse testimonianze — tra cui quella di Renata Patti — e ho letto (con qualche difficoltà) l’edizione francese del libro di Gordon Urquhart. Quando è uscito il libro di Ferruccio Pinotti, l’ho letto immediatamente.

Tutto quel materiale ha rievocato una voragine di ricordi e sentimenti in cui si mescolavano perplessità, indignazione, incredulità e scandalo, ma il senso più forte che ho avuto è stato di sollievo. Sollievo per aver agito bene e gratitudine per il fatto di non trovarmi più lí dentro e non sentirmi complice o coinvolta in tutto ciò.

Come fuoriuscita, non mi rivolgo a chi ancora è dentro il Movimento: non mi interessa chiedere che cosa li trattenga, perché ciascuna persona ha i propri motivi — tutti rispettabili. Mi rivolgo invece agli ex, soprattutto a chi attraversa ancora un momento di dubbio o vive un senso di colpa: è il momento di una catarsi collettiva, è l’ora di rendersi conto che non siamo noi dal lato sbagliato.

Per restare ai fatti, convengo con diversi autori: ciò che ha portato alle fatali conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti è qualcosa che arriva direttamente dalle origini del Movimento, ed è il fatto che siano stati nascosti i disagi mentali di due dei tre fondatori; questa scandalosa rimozione è un fatto di una gravità inaudita. Uno era don Foresi, uomo dalla mente brillante ma vittima di una schizofrenia; l’altra era la signorina Silvia Lubich — poi ribattezzata Chiara (ma non fa onore a questo nome) — che soffriva di una forma di sindrome bipolare, alternando stati depressivi a momenti di autoesaltazione. Non sappiamo se questi disturbi fossero congeniti o se siano insorti a una certa età: di certo, l’esperienza del cosiddetto “Paradiso del ’49” e i brani che ne sono rimasti — e che lasciarono molto perplessi i teologhi — sono un’autopromozione spirituale fuori misura e sopra le righe. A me fanno venire in mente le parole dell’Arcangelo Michele, che chiese adirato a Lucifero: «Quis ut Deus?» (“Chi è come Dio?”). Nel Movimento si è sempre giocato a mostrare o occultare i testi, secondo le circostanze.

Di ciò che è derivato da quell’enorme inganno si è molto parlato: culto della personalità, sfruttamento lavorativo, economico e sessuale, banalizzazione dei mandati del Vangelo...

Partecipo emotivamente al prezzo che molte persone fuoriuscite hanno dovuto pagare (e stanno pagando) per la loro decisione di allontanarsi dal Focolare: si tratta di un costo che ha risvolti economici e psicologici. Penso in particolare a tutte quelle persone a cui non sono stati pagati gli oneri previdenziali e che non hanno diritto ad alcuna pensione per affrontare la vecchiaia. Mi auguro che Oref si schieri al loro fianco in tribunale.

Insieme a tutte le vittime del Movimento che sono state completamente abbandonate e a cui non è rimasto neanche un tetto sulla testa, so che — alla fine dei miei giorni — non entrerò a far parte delle schiere degli “eletti” destinate alla canonizzazione... ma me ne farò una ragione!

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