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Il questionario sui rischi di una deriva settaria dei Focolari

Testo di Vincent Hanssens

Nell’autunno 2012 è stato inviato un questionario a un numero di persone a me non noto, che hanno fatto parte di movimenti religiosi attivi all’interno della Chiesa cattolica. Tale questionario era incentrato sulla loro esperienza vissuta in questi movimenti. Una delle intenzioni era di verificare se non fossero state vittime di derive settarie, come lasciano intendere alcune frasi.

Sono state raccolte undici risposte. La prima osservazione da fare è che questa cifra ristretta richiede di trattare le risposte ricevute e la loro possibile interpretazione con la dovuta cautela: non possono, infatti, rappresentare un quadro statisticamente valido del modo in cui il complesso di persone che hanno avuto esperienze di contatti prolungati con questi movimenti – sotto qualsivoglia forma – si colloca rispetto ai movimenti stessi.

Al massimo rappresentano una testimonianza del vissuto di nove persone nel corso degli anni trascorsi all’interno di tali movimenti, una testimonianza di sofferenza che non può essere ignorata. Alcuni hanno voltato pagina: la loro reazione mostra che hanno messo una pietra sopra questa dolorosa esperienza. Altri, invece, ne sentono ancora fortemente il peso e reagiscono a volte con turbamento.

Il loro scopo è di mettere in guardia quanti potrebbero essere tentati di aderire a questi movimenti (o manipolati in questa direzione), in modo particolare i giovani. Si pongono anche una domanda che non può lasciarci indifferenti: com’è possibile che la Chiesa cattolica, la Chiesa del Vangelo di Cristo, possa tollerare, se non addirittura incoraggiare, tali movimenti che si lasciano andare, consapevolmente o meno, a tali pratiche?In questa indagine sono stati presi in considerazione tre di questi movimenti: i Focolari, i Legionari di Cristo e l’Opus Dei. Tra di loro vi sono delle differenze in merito agli statuti, ai modi di funzionamento, alle strategie e alle modalità di gestione. Si pensi, se non altro, al fatto che i Focolari, il cui statuto sancisce la presidenza di una donna, traducono necessariamente una certa dimensione di femminilità relativamente ai suddetti punti, mentre la Legione e l’Opus Dei conoscono una militanza di orientamento più «militare».

Resta il fatto che da queste testimonianze emerge una convergenza reale tra i movimenti in questione, convergenza che non manca di suscitare notevole preoccupazione, in quanto investe proprio alcuni aspetti generalmente considerati come spie di derive settarie: idolatria nei confronti del fondatore o della fondatrice, autoritarismo totalitario, obbedienza cieca ai superiori, spersonalizzazione, perdita d’identità e d’autonomia essenziale, reclutamento, mobbing, proselitismo, rapporto con il denaro, abusi morali, ambiguità relativa alla sfera sessuale…

Sul piano spirituale e religioso, le testimonianze ricevute indicano che questi movimenti non incoraggiano più di tanto il raccoglimento, l’approfondimento personale della fede, la contemplazione, ma impongono piuttosto dei riti formalizzati e basati su preghiere, liturgie, confessioni collettive, che non sono certo privi di ripercussioni sulle personalità di quanti vi sono sottoposti.

Se esercitano la militanza, non lo fanno a beneficio dell’evangelizzazione (sempre ammesso che un tale beneficio sia realizzabile, o addirittura, in questo caso, concepibile), ma per proprio tornaconto, con lo scopo di veder aumentare la propria influenza, il proprio potere e il numero dei propri seguaci.

Dal punto di vista tecnico, un questionario dovrebbe essere sottoposto a un test preliminare che consenta di perfezionarlo. Temo che in questo caso non siano state adottate le misure adeguate, con la conseguenza che alcune domande o sottodomande non risultano sufficientemente differenziate, introducendo così una certa ridondanza nelle risposte. Ridondanza che, a volte, può rivelarsi utile ai fini degli accertamenti, mentre in altre occasioni può generare confusione.

L’analisi di seguito riportata si concentra esclusivamente sulle osservazioni e i commenti delle sei persone che hanno fatto parte del Movimento dei Focolari.

Tali risposte provengono da cinque donne e un uomo.

Analisi delle risposte relative al Movimento dei Focolari

1. Potrebbe esporre brevemente i fondamenti della spiritualità a cui è stato formato in seno alla sua comunità?

La spiritualità riposa sul Vangelo e i suoi valori dominanti sono l’Unità, essenziale per Chiara Lubich («Che tutti siano Uno»), e l’Amore reciproco.

Se può forse sembrare una sorta di comunismo cristiano, tale spiritualità è pur sempre percepita come quasi totalitaria; bisogna essere «Uno» a costo di perdere la propria identità, ed essere «Uno» significa essere come Chiara Lubich.

È richiesta un’obbedienza cieca. Mezzi e fine si confondono, e quest’ultimo è fissato lontano quanto basta per non poter essere mai raggiunto.

2. Qual è stata la ragione ultima che l’ha indotta ad abbandonare il movimento?

Sono indicati vari motivi a questo riguardo. In generale, ruotano intorno ai punti seguenti:

• Presa di coscienza dell’abisso esistente tra «i bei discorsi e la realtà vissuta nel quotidiano».

• Perdita totale d’autonomia, distruzione della personalità, sottomissione totale alla superiora, fino al punto di essere costretti a compiere atti contrari alla propria coscienza o ai tratti distintivi della propria personalità, ricatto spirituale.

• Bisogno di ritrovarsi, di ritrovare la libertà, di ritrovare la propria coscienza, di ritrovare la vita.

• Sovraccarico di lavoro, sovraffaticamento, esaurimento fisico, depressione sul piano fisico e psichico, tale a volte da far insorgere pensieri suicidi, false accuse.

3. Quale realtà l’ha fatta soffrire di più nel suo impegno personale?

La sensazione di non poter esistere autonomamente, di essere annientato, di perdere la propria autenticità, di essere indottrinato, manipolato.

«La nostra personalità è Gesù in mezzo a noi».

«Pensavano loro al tuo posto, ti toglievano la gioia di vivere».

Il senso di colpa, la sensazione di non essere conforme agli ideali del movimento, dei capi, il fatto che non bastava mai niente, che bisognava fare sempre di più. Inoltre, poiché il movimento non riconosceva mai i propri errori, il torto era sempre dall’altra parte.

La sensazione di essere esposti a un’insopportabile contraddizione tra il discorso forte e costante incentrato sull’amore nei confronti del prossimo e il fatto che imembri fossero trattati senza alcuna comprensione dei bisogni umani fondamentali.

4. Ha ancora dei contatti con i membri?

Tre risposte sono affermative, ma precisano che i contatti si svolgono soprattutto con dei familiari dell’ex membro o delle persone a lui vicine.

Due risposte sono negative, o perché l’ex membro era diventato pericoloso e le persone da lui contattate non venivano più invitate alle riunioni, rischiando così di essere escluse dal movimento, o perché gli eventuali contatti ancora esistenti si limitavano agli ex membri.

Una delle risposte è più attenuata. La persona in questione continua ad essere invitata ai grandi raduni, duranti i quali ci si sforza di essere gentili nei suoi confronti. Recandosi a tali incontri, non intende offendere nessuno, in quanto si rende conto che nel movimento ci sono persone buone e sante, che tuttavia non sono consapevoli del numero di malati fisici e psichici presenti al suo interno.

5a. La sua vita nel movimento ecclesiale di cui era membro: cosa pensa del modo in cui era organizzata la preghiera all’interno di questo movimento ecclesiale e, secondo lei, essa aveva un impatto sul suo rapporto con Dio?

L’opinione generale riconosce il manifestarsi di effetti negativi a questo riguardo.

La preghiera personale, spontanea, serena, era esclusa, perché considerata come troppo individualista. Bisognava pregare e meditare secondo i dettami della fondatrice del movimento: o basandosi soltanto su testi scritti da lei, o svolgendo gli incarichi previsti a questo scopo dal regolamento.

«Nel mio rapporto personale con Dio c’era sempre un intermediario».

Gli obblighi e le coercizioni (preghiere, lavoro, incarichi esterni…) erano talmente numerosi che non c’era più tempo di approfondire niente, cosa che non mancava di suscitare sensi di colpa. Una risposta è risultata meno categorica. Precisa soltanto che, dopo alcuni anni, l’obbligo di meditazione quotidiana su dei testi della fondatrice del movimento diventava pesante. Ad ogni modo, il sovraccarico di lavoro non lasciava tempo da dedicare alla preghiera.

Quanto all’impatto sul rapporto con Dio, per tre persone è risultato negativo. Il rapporto con Dio era formale, impersonale. La visione di un Dio d’amore si deformava completamente, trasformandosi in quella di un giudice severo che esigeva preghiera e mortificazione in cambio della propria grazia.

Una quarta persona testimonia un impatto più positivo: «Oggi la mia identità e il mio rapporto con Dio sono il frutto degli anni vissuti all’interno del movimento», senza tuttavia precisare il significato di tale impatto.

5b. Il fatto di abbandonare il movimento ha avuto delle conseguenze sulla sua fede?

Nel complesso, le risposte mostrano una certa cautela. Un impatto sulla fede c’è stato, immediato o successivo, ma non ha comportato una sua perdita radicale.

«Non ho perso la fede, ma mi sentivo un fallito. La vita normale della Chiesa mi sembrava poca cosa rispetto a quella del movimento».

«Il cuore, l’essenza della mia fede sono rimasti immutati, la forma non ha più importanza».

«È soltanto dopo aver abbandonato il movimento che ho trovato una fede più profonda e più matura».

Una risposta è categorica: «Dopo aver abbandonato il movimento, ho perso completamente la fede».

5c. E sul suo rapporto con la Chiesa?

Tutte le risposte ricevute evidenziano che questo rapporto si è modificato, fino al punto da trasformarsi, nella maggior parte dei casi, in un rigetto totale.

«L’ho assimilata al movimento; mi dispiace per questa Chiesa che troppo spesso si frappone tra l’uomo e il Dio di Gesù».

«Inizialmente continuavo ad assistere alla messa, poi l’ho fatto sempre di meno, disgustata da questa Chiesa macchiata dagli scandali e poco credibile (dogmi…); non mi interessa più».

«Non ho più alcun rapporto con la Chiesa».

Una persona afferma di non aver più avuto alcun contatto con la Chiesa fino al giorno in cui ha scoperto un movimento associativo che l’ha aiutata in questo senso.

Un’altra è alla ricerca di una vita sacramentale e di preghiera con amici o con gruppi di cristiani.

5d. Confermerebbe queste parole?

In questi movimenti si ritrova sistematicamente una «iper-fedeltà» al messaggio cristiano e agli insegnamenti della Chiesa, fino a trasformarli in un protocollo da applicare a tutti e nello stesso modo, portando così a una perdita della soggettività e dell’identità personale. Le apparenze mostrano una grandissima fedeltà al Magistero, mentre in realtà il messaggio vivificante del Vangelo è trasformato in messaggio mortifero.

In caso affermativo, potrebbe fornirci degli esempi concreti da lei vissuti?

La conferma è unanime, ma occorre attenuarla con le osservazioni seguenti. Il temine «mortifero» è considerato come un po’ esagerato. Tale conferma riguarda principalmente alcuni punti, quali l’enfasi sulla purezza e sui peccati sessuali, percepita come esagerata e squilibrata.

Si cita un esempio particolarmente pesante. Si tratta del caso di una volontaria focolarina che faceva la domestica nella famiglia di un responsabile del movimento e che fu vittima di una grave depressione, con ricovero in una clinica psichiatrica. Dopo esserne uscita, fu accolta in casa di una collega volontaria, che però ricevette dai dirigenti del movimento l’ordine di rispedirla a casa sua, in quanto loro avevano bisogno del posto che occupava. Inoltre, per motivi di salute, le fu vietato di proseguire la sua attività di volontariato e di partecipare al grande incontro a Roma. Poco tempo dopo, la persona in questione si è suicidata. La collega si è sentita in colpa, ma i dirigenti no: «Lo avrebbe fatto comunque».

6a. La deriva settaria. Quali sono, secondo lei, gli esempi più sconcertanti di deriva settaria nel movimento di cui ha fatto parte?

Gli esempi più citati sono i seguenti:

• L’atteggiamento nei confronti della fondatrice; l’enfasi eccessiva sulla sua persona, che rasenta l’idolatria; la diffusione di miti sulla sua persona, quali l’aver ricevuto rivelazioni divine segrete; l’obbligo di pregare servendosi delle sue parole.

• L’obbedienza cieca ai superiori, la pretesa di sottostare a delle regole senza nemmeno conoscerle, un iper-controllo delle autorità su tutto, il controllo sociale, la censura delle letture, il divieto di leggere libri «contro». Il predominio del «sì, sì», l’omogeneità totale. La selezione arbitraria, da parte delle autorità, di chi può partecipare alla vita comune e di chi invece è relegato alle attività secondarie.

• La ripetizione costante della visione, dell’ideologia del movimento, l’indottrinamento dei suoi ideali e il rifiuto obbligatorio di qualsiasi altra concezione, considerata come un’eresia da purificare, lo statuto inviolabile.

• Un linguaggio di tipo gergale, incomprensibile per le persone del mondo esterno.

• Lo sfruttamento e l’alimentazione della paura: paura di essere giudicati, di pensare in modo autonomo, di abbandonare il movimento.

• L’alimentazione di false speranze, l’utopia dell’unità perfetta, della città ideale dove sono ammessi soltanto coloro che fanno parte del «contesto».

• La manipolazione delle coscienze, l’usurpazione del ruolo di Dio, la violazione della libertà di coscienza, dell’intimità, l’obbligo di fare unità, il divieto di scegliere il proprio direttore di coscienza, il proprio confessore, la distorsione dei concetti (come umiltà, obbedienza, lealtà, fedeltà, sincerità, vocazione), le preghiere autosuggestive.

• Lo sfruttamento delle persone, lo schiavismo (fino al crollo psichico), il ritmo di vita pazzesco, con conseguenti depressioni e malattie mentali. Non c’è tempo per una riflessione personale, si è completamente presi dall’obbligo di occuparsi incessantemente delle questioni del movimento. «Le ore sono sempre piene zeppe, il più piccolo ritaglio di tempo deve essere riempito di preghiere: per il prelato, per il papa, per i nostri apostolati».

• L’importanza attribuita al denaro e l’attaccamento esagerato ad esso, le pressioni esercitate per donarlo, per raccoglierlo, l’obbligo di donare il proprio stipendio, di fare testamento a favore del movimento, le spese di lusso a favore dei superiori, i rimproveri per spese minime dei membri.

• Il distacco obbligato dal mondo, dalla famiglia, dagli amici; l’obbligo di rompere ogni legame precedente, il divieto di scegliere le proprie amicizie, di avere contatti esterni.

• Il fanatismo, la burocratizzazione della vita spirituale, la dissimulazione del vero stile di vita dei superiori, i discorsi paranoici.

• La supremazia femminile, con la conseguenza che i sacerdoti a volte non vengono ascoltati o non sono tenuti in grande considerazione e devono tener conto prima di tutto dei cosiddetti ordini della Presidente.

6b. Secondo lei, com’è possibile che la Chiesa cattolica – che nella maggior parte dei casi tesse le lodi di questi movimenti – non se ne sia resa conto?

La Chiesa era al corrente di queste problematiche, ma non reagiva per diversi motivi: innanzi tutto, perché era infiltrata da persone appartenenti a questi movimenti, poi perché pensava che ciò che guadagnava grazie a questi movimenti era più importante delle accuse di derive settarie, in modo particolare il fatto che tali movimenti da un lato le permettevano di perpetuare le proprie posizioni tradizionali in un contesto di secolarizzazione crescente, specialmente nel mondo occidentale, e dall’altro riempivano le chiese. Siccome i movimenti avevano bisogno dell’approvazione della Chiesa, si trattava di un scambio di favori, di un do ut des.

6c. Secondo lei, è il carisma stesso del movimento che pone problemi o è la sua attuazione nel quotidiano ad essere patogena e settaria?

Le risposte sembrano indicare che l’origine dei problemi vada ricercata in un’interazione tra la personalità della fondatrice, il suo carisma e la gestione quotidiana del movimento.

È la gestione quotidiana che occorre additare.

Ciononostante, non va trascurato l’impatto che ha l’esercizio del potere assoluto della fondatrice, le cui visioni hanno una dimensione settaria e sono tenute nascoste dai membri interni, che si servono di questo potere per ogni sorta di manipolazioni.

6d. Ciò riguarda l’essenza stessa del movimento?

A questa domanda hanno risposto in tre: due persone mostrano un atteggiamento interrogativo, ma tendono comunque a ritenere che sia così; la terza ritiene che il movimento sia diventato una setta in seguito.

6e. Per quale motivo pensa che questo movimento sia caduto in una deriva settaria?

Perché la fondatrice «crede di aver ricevuto una chiamata diretta da Dio», cosa che le conferirebbe un’autorità superiore a quella della Chiesa.

Perché le visioni della fondatrice secondo cui la via verso la santità consiste nel «fare unità con lei, morire con lei, essere un’espressione di lei e di nessun altro» sono patogene.

Perché il movimento è «avido di potere e di denaro».

Perché, fin dall’inizio, dato che sempre più persone hanno seguito la fondatrice, si è voluto gestire rapidamente il movimento, dotandolo di più strutture, più potere, più denaro. Inoltre, il culto dell’«unità», il culto della fondatrice che incarnava questa unità, ha favorito tale deriva.

6f. La deriva settaria era già presente fin dall’inizio?

Due risposte si orientano in questa direzione.

Altre due risposte considerano che la patologia non era presente inizialmente, ma che si è manifestata rapidamente.

6g. Qual è la causa, secondo lei?

Per una persona, la causa è da ricercare nell’isolamento del movimento e nella sua incapacità di instaurare un dialogo autentico con altre correnti spirituali e di pensiero all’interno della Chiesa.

«Pensano di essere completamente autosufficienti. Mentre tutti gli ordini della Chiesa hanno adottato le riforme introdotte dal Concilio Vaticano II, i movimenti non l’hanno fatto in quanto, secondo loro, le loro idee anticipavano quelle del Concilio».

6h. Secondo lei, anche la Chiesa cattolica corre un simile pericolo?

Una risposta è affermativa.

Un’altra ritiene che oggi la Chiesa cattolica abbia comunque perso di credibilità per via degli scandali sessuali e dei problemi di riciclaggio di denaro che l’hanno investita.

Una terza è negativa: non c’è pericolo in quanto la Chiesa cattolica non è aggressiva come il movimento e se in passato ha commesso degli errori, li ha riconosciuti, mentre «i focolarini non sbagliano mai».

7a. La struttura del movimento. Che ne pensa del rapporto con il denaro, tenuto conto del voto di povertà?

Sono due le impressioni dominanti:

• da un lato, quella di essere l’oggetto di richieste, o perfino di esigenze, di denaro da parte del movimento, sotto forma di donazioni, di versamento del proprio stipendio, di liquidazione di libretti di risparmio o di testamenti a suo favore;

• dall’altro, quella di essere indignato per la contraddizione tra il discorso incentrato sul valore della povertà e le ricchezze ostentate dal movimento: beni immobili, automobili, regali di valore…

È emersa anche un’altra contraddizione, analoga, che colpisce molto: la differenza tra lo stile di vita dei superiori e quello dei membri ordinari.

«I responsabili avevano i soldi, mentre i membri avevano in tasca due euro».

«A livello personale c’era la povertà, a livello istituzionale l’avarizia; non guadagnavamo mai abbastanza per il movimento».

«Dovevo donare anche i soldi che ricevevo dai miei genitori, come pure la totalità del mio stipendio. Un giorno mi hanno rimproverato aspramente perché avevo consegnato l’assegno con due giorni di ritardo. Mi rimproveravano anche di non far pagare le mie spese di viaggio ai bambini che evangelizzavo, addebitandole invece al movimento».

7b. Che ne pensa del rapporto con la sessualità, tenuto conto del voto di castità?

Cinque risposte affrontano questo argomento.

Ufficialmente, la sessualità non era presa in considerazione, veniva repressa o sublimata, secondo il proprio punto di vista, facendo ricorso a numerose pratiche di mortificazione corporale; oppure era considerata come qualcosa di livello inferiore, utile soltanto alla procreazione.

«Il fatto che la sessualità faccia parte dell’essere umano non veniva nemmeno minimamente preso in considerazione».

«Non c’era tempo per parlare di certi problemi, avevamo cose MOLTO più importanti da fare».

In una risposta si cita un episodio in cui si era fatto capire a una coppia di fidanzati che la volontà di Dio per loro consisteva nel rompere il fidanzamento per impegnarsi nella vocazione. Ed è quello che avevano fatto, con la conseguenza di sfociare in una depressione, senza tuttavia suscitare una vocazione.

7c. Come ha vissuto l’obbligo del voto di castità?

«Ho vissuto quest’obbligo alla lettera, senza capirne il senso vero e profondo».

«Occorre essere psicologicamente solido e non troppo pudico; non mi sentivo in colpa quando affermavo che un uomo era bello e attraente; i miei pensieri non andavano oltre».

«Il mio sviluppo sessuale è stato costellato di problemi, ma nessuno mi ha mai aiutata. Quando, finalmente, ho espresso il dubbio di essere lesbica, mi hanno trattata e condannata come se fossi la più grande peccatrice del mondo. So che molti sperimentano problemi di questo tipo nei movimenti, ma hanno paura di parlarne».

«Ho avuto problemi per anni e anni, ma ho dovuto sopportare da sola le frustrazioni».

«Mi sentivo sufficientemente libera di decidere se sposarmi o meno, in quanto non avevo fatto alcun voto; solo che non ho avuto tempo dipensarci quando avevo ancora l’età per farlo».

7d. È stato vittima o testimone di abusi sessuali all’interno del suo movimento?

Quattro persone hanno dato una risposta negativa.

Una quinta afferma di aver sentito parlare di due casi, pur non essendone stata testimone diretta. Segnala inoltre di aver subito in età adolescenziale il comportamento malsano e ambiguo della sua superiora, con delle ripercussioni sul suo sviluppo puberale; la sua identità sessuale è stata a lungo un problema: credeva di essere lesbica, cosa che poi si è rivelata falsa. La sesta, senza parlare esplicitamente di abuso, cita il caso di un sacerdote che aveva «perso la testa», dichiarando nel gruppo del quale era guida spirituale che erano già in paradiso e che potevano amarsi anche fisicamente. In seguito se n’è andato all’estero con una ragazza del gruppo.

7e. È stato vittima o testimone di abusi morali all’interno del suo movimento?

Quattro risposte sono positive.

Una parla di mobbing, «con il pretesto di fare l’ora della verità».

Ritiene che imporre la propria volontà a una persona è una forma di mobbing… «siamo tenuti a scegliere quello che ci viene imposto… si può parlare di negazione o di strumentalizzazione della persona ai soli fini della struttura».

Un’altra evoca la pratica della menzogna, che era normale se veniva fatta per il bene del movimento.

Altri assimilano a degli abusi morali il fatto che era «impossibile diventare adulta, che si era costretti a rimanere bambine, che ti toglievano la gioia di vivere, che eravamo manipolate, violentatenell’anima fin dall’infanzia, che eravamo talmente assorbite dalle cose da fare che non c’era spazio per la libertà necessaria per uno sviluppo personale sano…».

7f. Il rapporto con la gerarchia (voto di obbedienza). Come ha vissuto il voto di obbedienza e in particolare il rapporto privilegiato con il fondatore o la fondatrice?

Le risposte non lasciano dubbi: gli intervistati vivevano questo voto con grande difficoltà; era necessario manifestare un’obbedienza cieca nei confronti della fondatrice.

«Bisognava pensare quello che pensava la fondatrice, perché eravamo UNO».

«Era una specie di schiavismo, le critiche non raggiungevano mai la fondatrice».

«Obbligo di obbedienza cieca fin nei più piccoli dettagli della vita quotidiana».

«Fin dall’inizio, Chiara era la nostra leader, bisognava essere UNO con lei; mi hanno detto esplicitamente che dovevo essere una piccola Chiara».

«Inizialmente mi sembrava tutto giusto, ma in seguito ho cominciato a dubitare che si trattasse sempre dell’espressione della volontà di Dio».

Una persona precisa di aver avuto una certa complicità con la sua superiora gerarchica. Quest’ultima ha a sua volta lasciato il movimento, prima della persona intervistata, e le ha scritto le ragioni del suo allontanamento.

Ricevere questa lettera è stato «un momento chiave per lei, che ha dissipato i suoi dubbi».

Cosa succedeva se non era d’accordo o se non era in grado di ubbidire?Tutte le risposte indicano chiaramente che la possibilità di non essered’accordo o di non essere in grado di ubbidire era fuori discussione, pena subire rimproveri e umiliazioni o vedere abbattersi sul recalcitrante i fulmini del movimento (locali o romani).

Una di esse lascia intendere che le cose stavano così «anche dopo la mia partenza; mi hanno ordinato di trovare un posto in uno dei rami del movimento».

«Mi facevano subire un purgatorio. A un certo punto, per fortuna, la mia condizione fisica si è ribellata e la depressione psicofisica mi ha salvato la vita».

7g. Il rapporto con il potere spirituale. Quali erano i compiti del cosiddetto «direttore di coscienza» o «padre spirituale»?

Il direttore di coscienza o il consigliere spirituale veniva imposto ed era una persona interna al movimento; rivolgersi a una persona esterna era fuori discussione. Esercitava un’autorità che andava ben oltre la sola sfera spirituale.

Di fatto, nella maggior parte dei casi si trattava del superiore.

«I focolarini ordinati potevano esigere l’apertura totale della coscienza, una pratica contraria al diritto canonico».

«La superiora dettava la mia coscienza. Tutte le sere dovevo compilare e consegnarle una scheda con delle crocette: comportamenti spirituali (preghiera, rosario, messa) e altri (igiene personale, farmaci…). Se qualche casella era rimasta senza crocetta, venivo rimproverata». «La capo era il vero e proprio consigliere spirituale, senza aver ricevuto una formazione».

«Non sapevo che quando si trattava di farci subire il “purgatorio”, la capo si rivolgeva sempre a una delle sue “tirapiedi”. Quando è successo ho sofferto molto perché questa persona, che era un’amica, me lo ha imposto senza ascoltare le mie ragioni. Non riuscivo a capire il suo cambiamento, era diventata un robot senza cuore».

Questa persona si serviva della propria funzione per esercitare un potere eccessivo su di lei?Cinque risposte affermative. Una persona afferma di averne fatto esperienza quando ha manifestato la propria intenzione di abbandonare il movimento.

«La capo diceva sempre la sua e lo faceva spesso in modo manipolatorio».

7h. Lei aveva un incarico di apostolato? Organizzato o spontaneo?

Tutte e sei le risposte sono affermative. Si trattava di proselitismo, il pubblico preso di mira era l’ambiente degli affari, il mondo politico, il jet set, allo scopo di procurarsi l’appoggio di persone ricche e influenti. Ma i contatti con queste persone erano permessi soltanto quando «avevamo l’obiettivo di conquistarli per l’unità».

Crede che questi movimenti intendano compiere una nuova evangelizzazione? O si preoccupano piuttosto di sviluppare le proprie strutture e aumentare così il numero dei propri seguaci?Le risposte sono unanimi: l’obiettivo del movimento è essenzialmente quello di sviluppare le proprie strutture e di incrementare il numero dei propri membri, non quello di fare una nuova evangelizzazione.

«Si parlava del Vangelo, di vivere secondo il Vangelo, ma dietro queste parole si nascondeva un secondo fine, un’altra chiamata».

7i. Ha delle informazioni sulle relazioni tra la gerarchia del suo movimento e il Vaticano?

Cinque risposte sono affermative. «Chiara aveva delle conoscenze in Vaticano, veniva invitata direttamente da Giovanni Paolo II e le capitava di influenzarlo. Aveva ottenuto da lui il permesso di avere sempre una donna alla presidenza del movimento».

«Chiara voleva introdurre un quarto voto, quello di fare unità per essere un’anima sola con lei durante la Santa Comunione. La Chiesa lo ha rifiutato, ma nella vita quotidiana questa pratica era vissuta come se si trattasse di un voto». Se il Vaticano ne fosse al corrente resta un punto interrogativo.

7l. La vita quotidiana nelle comunità riflette o meno lo statuto del movimento? Potrebbe farci alcuni esempi?

Tre persone affermano che si sapeva poco o niente in merito allo statuto e che, a distanza di tempo, la cosa sembra molto strana.

«Non conosco bene lo statuto. Ci si concentrava di più sulla spiritualità, che era sempre inaccessibile».

8. Il suo movimento è impegnato nel dialogo ecumenico e interreligioso? Se sì, in che modo è organizzato e attuato? Qual è il livello di tolleranza rispettato?

Cinque risposte affermative. Nonostante il Movimento dei Focolari sia impegnato in tale dialogo, le opinioni divergono quanto al livello di tolleranza nei confronti delle altre confessioni: elevato per uno degli intervistati, in particolare nei confronti del buddismo, mentre molto superficiale per un altro, che ritiene che vengano mosse molte critiche nascoste nei confronti delle altre chiese cristiane.

Per un terzo intervistato, il movimento parla sempre di contatti con le altre religioni, con le altre chiese, e lascia intendere che si impegna attivamente, ma anche questi contatti hanno soltanto uno scopo: quello di incrementare il numero dei membri.

Una quarta persona cita anche l’apertura del movimento agli atei «di buona volontà».

9a. La salute dei membri. Cosa succedeva quando si ammalava? Poteva scegliere il suo medico e il suo specialista?

Era possibile scegliere, ma di fatto o si andava dal medico consigliato dai superiori, oppure si doveva comunque riferire a questi ultimi ciò che il medico aveva detto e prescritto, «in quanto bisognava vedere tutto alla luce di Gesù in mezzo a noi».

Qualche precisazione: «Quando attraversavo un periodo di crisi mi mandavano da uno psicologo del movimento. Quando la cosa si rivelava inefficace mi facevano telefonare a uno psicologo a Roma che doveva indicarmi uno dei suoi colleghi nel mio paese».

«Per questioni economiche, si interveniva perfino nella scelta del materiale terapeutico, per praticare iniezioni o per decidere se era opportuno o meno fare un’ecografia prescritta dal medico».

«In linea di principio è possibile scegliere, ma quando ho avuto una depressione sono stati loro a scegliere per me».

9b. Alcuni psichiatri parlano molto spesso di sdoppiamento della personalità dovuto all’applicazione radicale di certe spiritualità. Lo conferma? Potrebbe parlarcene più diffusamente?

Se una risposta è esplicitamente affermativa, altre, pur interrogandosi in merito alla pertinenza di questo concetto di sdoppiamento o chiedendosi se sono davvero competenti in materia per formulare un giudizio, sottolineano che lo stile di vita imposto era talmente disumano, la coercizione mentale esercitata talmente forte, la pressione all’annullamento della propria personalità talmente insistente, che tutto ciò non poteva non sfociare in reazioni di questo tipo.

9c. Certe situazioni potevano portare alla depressione e perfino al suicidio: perché in questo caso venivano nascoste?

Innanzitutto, venivano nascoste semplicemente perché l’esistenza di depressioni o di suicidi era negata. L’esistenza stessa della depressione come malattia era negata; «non farti venire una depressione, ama».

Si confondevano le depressioni – fatto patologico – con la dottrina di «Gesù abbandonato».

Bisognava applicare la regola che imponeva di parlare solo di ciò che era positivo.

Poi venivano nascoste perché il movimento non riconosceva mai i propri errori; l’istituzione non era mai messa in discussione, il torto è sempre dall’altra parte.

Infine, perché bisogna tutelare l’immagine, la visione idealizzata del movimento.

9d. Le parlavano di «visioni o comprensioni mistiche» della fondatrice? In che modo?

Sei risposte affermative, e ne parlavano in modo molto vago. «Tramite la comprensione o l’esperienza del “Paradiso 49”, ma noi non capivamo cos’era… Dicevano che la fondatrice era un’altra Maria in terra e se morivamo in noi, saremmo diventati un’altra Chiara e, di conseguenza, un’altra Maria».

Un altro modo consisteva nel farci ascoltare vecchie registrazioni della fondatrice, «strettamente confidenziali», in gruppi composti unicamente da focolarine interne.

9e. La Chiesa era o è al corrente di tutto ciò?

Nessuna risposta affermativa.

9f. Anche lei a un certo momento è «decollato»?

Due risposte negative.

Due risposte non qualificabili esattamente né come affermative, né come negative.

«È stato solo molti anni dopo aver abbandonato il movimento che ho cominciato a nutrire dubbi su queste cose».

«Forse mentre eravamo riunite in questo primo gruppo interno con quel sacerdote “posseduto dal diavolo”».

10a. I centri di formazione e la pedagogia praticata. Come e da chi sono organizzati?

Quattro persone si sono espresse a questo proposito.

Il centro principale di formazione si trova a Loppiano. L’organizzazione in quanto tale è considerata di scarsa importanza, mentre è il carisma che domina.

La formazione, della durata di due anni, si rivolge essenzialmente ai focolarini e alle focolarine che intendono vivere in comunità. È una formazione intensa,«come uno stampo, simile a uno stampo di gesso nel quale si mette l’argilla per fare esattamente la statua voluta». Oltre a questo centro, «quasi ogni paese o città più grande ne ha uno».

10b. Qual è la pedagogia alla quale è stata improntata la sua formazione nelle varie tappe del suo impegno?

La pedagogia è molto carismatica.

Corso di studi sulle Scritture tenuti da professori interni al movimento.

Meditazioni di gruppo.

Colloqui con i responsabili del movimento.

Visite della fondatrice e di altre autorità del movimento.

«Tutto si svolgeva all’improvviso, in modo imprevisto, per evitare che le persone in formazione creassero legami con i formatori, con gli eventi…».

11a. Studi e lavoro. Nella sua storia personale, ha scelto da solo i suoi studi e il suo lavoro oppure doveva sottostare all’obbedienza o ai consigli vincolanti della sua gerarchia?

Le risposte sono miste: tre persone hanno scelto liberamente, mentre tre hanno dovuto seguire in modo più o meno forzato le scelte del loro movimento.

Alcune precisazioni:«Ho scelto liberamente i miei studi e le istituzioni, ma ho dovuto fare gli stage negli ospedali imposti».

«Ho aderito al movimento dopo gli studi, che avevo scelto personalmente».

«Ho dovuto esercitare il mestiere di assistente sociale durante la giornata».

«Volevo diventare insegnante, ma ho dovuto lavorare nel settore della sanità».

«Io, in quanto volontaria, ero libera di scegliere, non avendo fatto i voti, ma le interne non sono libere».

11b. Quante volte ha cambiato comunità o posto di lavoro a causa del movimento?

Per cinque persone, i cambiamenti sono stati frequenti, o anche molto frequenti. «Dei cambiamenti improvvisi e immediati erano dovuti ai sospetti dei responsabili in merito a rapporti omosessuali tra membri interni».

«Nell’arco di un periodo di sette anni, ho dovuto cambiare quasi ogni sei mesi. Anche in seguito i cambiamenti sono rimasti molto frequenti».

«Ho avuto una residenza fissa. Solo che durante gli ultimi sei mesi prima di lasciare il movimento, quando ero già in crisi, mi hanno voluto mandare in un altro paese. Ho rifiutato».

La sesta persona considera la domanda non pertinente nel suo caso.

11c. E lei era sempre d’accordo nel farlo?

Per tre persone la risposta è negativa.

«I cambiamenti sono stati a volte molto difficili, spontaneamente non li avrei scelti, ma non ho detto niente».

«Spesso non volevo cambiare, ma la mia volontà non contava. Dovevo pensare da solo al trasferimento. Inoltre, quando mi attaccavo troppo al luogo in cui mi trovavo, la capo vedeva la cosa come un motivo per mandarmi altrove».

Una persona considerava questi cambiamenti come positivi, in quanto glieli presentavano come una promozione che rientrava nel progetto di Dio su di lei.

«Avevano l’arte di farmi credere che, compiendo la volontà di Dio, sarei stata una piccola santa e una sposa generosa di Gesù».

Qualche commento generale

«Il movimento mi ha fatto bene al contrario: mi ha insegnato ad avvicinarmi all’altro, non sentendomi costretta ad essere come lui – i superiori – ma aprendomi a lui senza ricalcarlo su di me».

«È solo quando ho cominciato a scrivere il mio libro e a fare un’analisi approfondita della mia esperienza che mi sono reso conto della natura settaria di questi movimenti... ho avuto molte reazioni positive, anche da alcuni membri... Chiara, benché troppo occupata per leggerlo, ha fatto tradurre tutti i passaggi sul movimento... il movimento ha esercitato una certa influenza sul linguaggio... sono stato accusato di non aver mai presentato argomenti logici e sono stato vittima di attacchi ad hominem».

Due persone fanno riferimento a una testimonianza ricevuta da una terza persona che ha fatto parte del loro stesso movimento e che paragona i membri che lo hanno abbandonato a ex combattenti di ritorno da una guerra della quale è impossibile descrivere i traumi subiti. Possono capirli solo quanti hanno vissuto queste «atrocità perpetrate contro la vita umana».

D’ora in poi, devono continuamente lottare per trovare la pace, per gettare uno sguardo nuovo su una vita che nemmeno sanno più come dovrebbe essere. Dopo gli scandali che hanno subito, devono ricreare al proprio interno un’immagine del Dio di Gesù profondamente diversa da quella che sono stati costretti a vedere e a vivere.

Un’altra persona intervistata allega una lettera da lei inviata alle autorità politiche del proprio paese, nella quale attira la loro attenzione sulla natura settaria del movimento al quale apparteneva.

Riflessioni

Come ho fatto notare nei commenti preliminari a questa analisi, ciò che essa mette in evidenza deve essere inteso e interpretato con discernimento.

Il basso numero di risposte non autorizza, dobbiamo ripeterlo, a concederci dellegeneralizzazioni che l’emozione, senza dubbio legittima, può sollevare ma che sarebbero affrettate e potrebbero essere fuorvianti.

Cionondimeno, ci suggerisce delle piste da seguire e da approfondire per rilevare - e correggere - le deviazioni individuate nell'analisi.

Inoltre, come spesso accade in situazioni analoghe, questa analisi evidenzia la distanza che può sorgere tra un progetto, il suo nucleo di base, e i suoi effetti in fase di trasposizione sul terreno e di messa in opera.

Tale distanza si manifesta spesso attraverso differenze e anche contraddizioni tra questi due poli. Se non vengono identificate, rischiano di fissarsi definitivamente, creando così uno stato di divorzio permanente tra di loro. Le testimonianze raccolte invitano a prenderne coscienza.

In questo senso, una domanda del questionario mi sembra importante. Quella di sapere se il rischio di deriva settaria è iscritto nei geni di un movimento o se si manifesta successivamente. Il sentimento espresso al riguardo da un intervistato su due non è chiaro. Ciò ha sottolineato che le derive si originerebbero piuttosto da un’interazione tra la personalità della fondatrice e le manipolazioni da lei subite ad opera del suo entourage. Manipolazioni forse più incoscienti, perfino ingenue, che realmente intenzionali. Le derive sarebbero dovute ugualmente alle modalità di gestione quotidiana del movimento.

Per quanto riguarda la fondatrice, sembra chiaro che fosse di un temperamento mistico abbastanza marcato. Pur senza cadere in formule troppo concise, che si rivelerebbero tanto brutali quanto falsificatrici, si può tuttavia pensare che una tale personalità non sia particolarmente preoccupata o interessata a questioni organizzative e gestionali come vengono concepite dalla scienza e dalla cultura contemporanea.

Non dobbiamo concludere che tutte le cure e gli impegni organizzativi siano per loro natura estranei alla dimensione mistica, ma si può considerare che non costituiscano, per essa, un obiettivo prioritario.

Di fronte a domande o problemi relativi a tali preoccupazioni, la fondatrice ha potuto sentirsi impreparata o portata a fare una lettura della situazione del tutto diversa, ritenendo che le illuminazioni intellettuali a dimensione trascendente del suo pensiero mistico potessero, senza ulteriori operazioni, essere applicate tali e quali nella realtà di tutti i giorni.

Ciò significa perdere di vista un importante lavoro di traduzione che è assolutamente necessario. Tradurre i contenuti complessi, delicati, con molteplici significati di un tale pensiero, in modo tale da metterli in atto in un contesto istituzionale. Una traduzione di un linguaggio in un altro molto diverso dal primo, sia per quanto riguarda la sua sintassi, sia per la sua grammatica, sia per il suo lessico...

Un lavoro che richiede competenze acute e da esercitarsi con grande arte. Deve necessariamente essere compiuto dallo stesso autore di questo pensiero?

Quando si tratta di una personalità mistica, come nel caso in questione, mi sembra preferibile che non sia lei a farlo. Allo stesso modo, è meglio che si mantenga in disparte da qualsiasi responsabilità concreta di gestione del movimento, conservando però il suo ruolo fondamentale, che è quello di animarlo, nel senso di dargli un'anima, e di mantenerla viva.

Ritengo, infatti, che non si debbano confondere questi due ruoli di animazione e di gestione quando l'impulso creativo di un movimento è di natura mistica. Il voler essere presente su tutte le scene non può, a mio parere, che promuovere delle tendenze settarie, a cominciare da quelle di idolatria del fondatore e del suo incoraggiamento all’onnipotenza. Ci si può chiedere se tale confusione di ruoli non sia ciò di cui ha sofferto il movimento dei Focolari e se non sia all’origine delle deviazioni constatate. Penso in particolare a come la fondatrice ha tradotto la sua visione dell’"UNO" in modello organizzativo d’interazione tra i membri.

Il movimento dovrebbe pertanto cercare di cancellare tutte quelle tracce, sotto forma di pratiche, regole, abitudini comportamentali, che risultano da questa confusione.

Questo permetterebbe, allo stesso tempo, di ritrovare il pensiero iniziale della sua fondatrice, liberato dalle preoccupazioni utilitariste sul piano organizzativo, e di conoscere modi di funzionamento adeguati privi di rischi patogeni.

Dovrebbe, senza dubbio, prestare particolare attenzione onde evitare il ripetersi delle gravi deviazioni, totalmente inaccettabili, di cui l'analisi si è fatta portavoce.

Vincent Hanssens1
Professore emerito,
Università cattolica di Lovanio.

Fonte: Vincent Hanssens, "Analisi delle risposte al questionario sui rischi di derive settarie all'interno di certi movimenti religiosi cattolici contemporanei".

1. L’autore è uno psicosociologo belga che ha pubblicato, tra l’altro, il libro Vincent Hanssens, Dall’abuso alla libertà. Derive settarie all’interno della Chiesa, Éditions Mols 2018.

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