Abusi spirituali. Percorsi di liberazione
News pubblicata il 28 settembre 2024 • Testo di Cecilia Sgaravatto e Monique Van Heynsbergen
I movimenti ecclesiali e le nuove comunità religiose, nate nello scorso secolo e diffuse con grande entusiasmo nel panorama della Chiesa, hanno intercettato il bisogno di molti fedeli di avvicinarsi a Dio attraverso nuove modalità di vita religiosa, frutto della creatività dello Spirito Santo. Tuttavia oggi sembrano affrontare situazioni di criticità e scandali emersi da recenti report, pubblicazioni e provvedimenti vaticani relativi alle denunce delle condotte di abuso di vario tipo e di prevaricazione nella conduzione della vita spirituale.
Di fronte alle accuse di deriva settaria di queste realtà ecclesiali, pur riconoscendone la validità e l’importanza per la vita della Chiesa, don Giorgio Ronzoni, teologo e parroco padovano, ha analizzato le modalità relazionali all’interno di queste comunità, per affrontare in maniera aperta e obiettiva le ragioni di tali criticità e delineare i segnali e le soluzioni dell’abuso spirituale in un’ottica di discernimento comunitario.
Il raggiungimento dei valori del carisma o l’applicazione sine glossa delle regole della comunità, spesso condotti in buona fede, rischiano di sfociare in abuso spirituale portando a una visione miope dei principi evangelici.
Certamente le Opere di Dio sono tali nonostante gli errori umani, tuttavia affrontarne le problematiche in modo attento e profondo permette di rendere l’azione di Dio ancor più bella. Questo è possibile se si tengono presenti non solo gli obiettivi e gli ideali del carisma, ma anche le esigenze specifiche dei propri membri in un cammino verso Dio in cui l’anima deve essere libera di scoprire attraverso un discernimento personale la propria via di realizzazione spirituale.
Don Giorgio Ronzoni è un presbitero della diocesi di Padova e insegna teologia pastorale presso la Facoltà teologica del Triveneto. Dopo la licenza in catechetica e pastorale giovanile ha conseguito il dottorato in catechetica presso l’Università Pontificia Salesiana e ha diretto l’Ufficio catechistico diocesano. È stato inoltre coordinatore didattico del Corso di specializzazione post-lauream in Pedagogia e Didattica per Insegnanti di Religione, presso la Scuola Superiore Internazionale di Scienze della Formazione di Venezia nel biennio 2000-02.
È autore di diverse pubblicazioni1 che hanno affrontato le problematiche degli abusi nei gruppi e nei movimenti ecclesiali, allo scopo di analizzare le dinamiche di conduzione delle comunità religiose a cui è spesso connesso il rischio, purtroppo frequente, di dominare la vita spirituale dei propri membri in nome di Dio. Tali abusi causano gravi ferite esistenziali e psicologiche nelle persone che ne sono colpite e portano a forti crisi di coscienza che a volte impediscono di condurre una vita serena.
Le sue riflessioni possono aiutare chi ha vissuto una situazione di abuso spirituale a comprendere come affrontare la sofferenza in modo positivo e come contribuire nella propria comunità a costruire insieme un clima di benessere e di autentica comunione.
L’intervista a don Giorgio Ronzoni
Cecilia Sgaravatto e Monique Van Heynsbergen (CS&MVH): Cosa si intende per abuso spirituale?
Don Giorgio Ronzoni (DGR): È un abuso di potere in ambito religioso: una persona alla quale si riconosce autorità carismatica o istituzionale, oppure un gruppo, abusa di questa autorità rovinando la vita delle persone che le obbediscono. Questo può avvenire in molti modi, ordinando penitenze eccessive, facendo lavorare le persone al limite delle loro forze o anche oltre, svalutandole, instillando loro dei sensi di colpa ecc.
CS&MVH: In questi ultimi anni siamo venuti a conoscenza di moltissime problematiche di abuso all’interno dei movimenti ecclesiali e delle comunità religiose, in particolare quelle di vita consacrata. Come può essere possibile che succeda così frequentemente se si sceglie di vivere il Vangelo e la carità?
DGR: È possibilissimo perché anche le persone che scelgono di vivere il Vangelo e la carità possono peccare di superbia, di desiderio di dominio sugli altri e inoltre possono essere segnate da problemi psicologici profondi di cui non sono consapevoli, del tutto o in parte.
CS&MVH: Nelle comunità religiose il responsabile viene riconosciuto come il coordinatore spirituale in virtù della grazia di stato. Anche se il ruolo di coordinamento dovrebbe essere vissuto come servizio, come è possibile che i responsabili mettano in atto modalità prevaricanti nei confronti dei membri della comunità?
DGR: La grazia di stato non significa infallibilità: è l’aiuto di Dio per svolgere bene i nostri compiti, ma sappiamo bene che purtroppo possiamo sempre rifiutare la grazia e scegliere il male.
CS&MVH: I sottoposti seguono le indicazioni dei responsabili per il voto di obbedienza, ma qual è il limite dell’obbedienza?
DGR: Il superiore non può mai chiedere qualche cosa che anche in minima parte si opponga ai comandamenti di Dio e della Chiesa. Inoltre, sia nella vita religiosa che nei movimenti, ci sono regolamenti e statuti che delimitano o dovrebbero delimitare con chiarezza i limiti del potere dei superiori.
CS&MVH: Spesso l’abuso si realizza nel rapporto di accompagnamento spirituale. In alcuni movimenti ecclesiali non sempre è prevista una formazione né umana né teologica per il ruolo di responsabile o direttore spirituale. Sarebbe opportuno prevedere in modo esplicito e organizzato una preparazione specifica?
DGR: La preparazione è sempre opportuna, anzi indispensabile, ma purtroppo nessuna preparazione o formazione può mettere del tutto al riparo dalla possibilità di peccare: non esiste un metodo che possa prevenire tutte le deviazioni possibili.
CS&MVH: Molti movimenti e comunità vivono in modo troppo rigoroso solo i dogmi del carisma e si qualificano quasi come “Chiese parallele”. Come si può garantire una positiva e autentica partecipazione ecclesiale?
DGR: Anche in questo caso non esiste un metodo per prevenire tutte le possibili deviazioni: l’adesione entusiastica alla propria comunità o movimento può effettivamente portare a chiudersi e a credere di appartenere a una élite. Questa convinzione, come ogni altra convinzione, non si può modificare per decreto, ma col passare del tempo molte persone aprono gli occhi. Comunque, ci sono delle norme sia per le comunità religiose che per i gruppi e i movimenti, e vanno rispettate.
CS&MVH: Molti fuoriusciti dalle comunità ecclesiali sostengono che chi condivide le difficoltà legate agli abusi spirituali o alla poca coerenza con i valori evangelici viene ostracizzato o allontanato. Come è possibile che avvenga l’annullamento della persona in evidente contrasto non solo con i valori della comunione fraterna in Dio, ma anche con i principi chiave alla base dei diritti umani?
DGR: L’annullamento della persona avviene proprio convincendola a collaborare con chi la sta abusando. Per questo gli abusatori fanno in modo di sottrarre agli abusati ogni possibile confronto (letture, incontri, amicizie) che possa far sospettare loro di essere in una situazione sbagliata, ingiusta. Si fa credere loro che quel che stanno subendo è per il loro bene e per la loro crescita spirituale. Se però si accorgono che qualcosa non va, rischiano di far aprire gli occhi anche ad altri e perciò vengono isolati o allontanati.
CS&MVH: Sia la Chiesa sia le varie comunità ecclesiali hanno dichiarato di aver considerato le problematiche segnalate dai fuoriusciti, ma dalle testimonianze emerge che sembra essere in alcuni casi solo una posizione di facciata, visto che ancora non sono stati né ascoltati, né aiutati né riabilitati pubblicamente. Non dovrebbe forse esserci un controllo esterno alla Chiesa per monitorare i sistemi di tutela degli abusi e il rapporto con i fuoriusciti?
DGR: Certamente dovrebbe esserci e in teoria c’è, ma spesso non ha funzionato perché chi doveva proteggere le vittime ha cercato invece di proteggere soprattutto il buon nome della struttura, la sua reputazione. Questo è ciò che è avvenuto con gli abusi sessuali sui minori, ma può avvenire con qualsiasi tipo di abuso.
CS&MVH: Le persone che si sono allontanate dalla comunità di vita consacrata vengono spesso lasciate sole senza aiuti economici, anche dopo aver donato tutto per le loro comunità. Le regole infatti prevedono, per il voto di povertà, che i consacrati non abbiano un reddito proprio. Non dovrebbe esserci una regola specifica che tuteli queste situazioni?
DGR: Sì, dovrebbe esserci, in modo da aiutare una persona a ripartire con una nuova scelta di vita, anche se all’inizio aveva formulato una promessa che voleva essere irrevocabile. La carità fraterna impone di non abbandonare a se stessa e senza mezzi di sussistenza una persona, tanto più se non è un estraneo, ma qualcuno con cui si è condiviso un lungo tratto di strada.
CS&MVH: Di fronte all’abuso spirituale e psicologico molti perdono la fede in Dio e anche l’equilibrio umano. Sembra che la loro anima sia stata uccisa e la loro vita distrutta. Quali percorsi andrebbero attivati per il sostegno emotivo?
DGR: Percorsi di aiuto psicologico che non possono essere improvvisati, ma che hanno bisogno di terapeuti ben preparati.
CS&MVH: Molte persone temono di condividere le loro difficoltà nella comunità per le minacce spirituali che vengono loro rivolte, la più frequente è quella di seguire la voce del diavolo o di essere superbi o poco docili alla volontà di Dio. Cosa si potrebbe consigliare alle persone che vivono questa situazione?
DGR: Di informarsi e di confrontarsi con qualcun altro: ho scritto libri proprio perché sia possibile, a chi lo desidera, informarsi e capire. La libertà comincia quando si riesce a comprendere che gli insegnamenti dell’abusatore non sono gli unici possibili e non sono i più giusti.
Fonte: Adista Segni Nuovi, n. 34, 5 ottobre 2024.
precedente | successivo |
Il materiale è distribuito con Licenza Creative Commons BY-NC-SA 4.0